L’invito di Mons. Leuzzi: “Ripensare la cultura della vita in una nuova progettualità sociale”
“Siate protagonisti di una nuova stagione della cultura della vita”. Con queste parole Mons. Lorenzo Leuzzi, Direttore dell’Ufficio per la Pastorale Universitaria e incaricato per la Pastorale Sanitaria, ha aperto la sua omelia durante la S. Messa celebrata in occasione della 39a Giornata per la vita nella parrocchia di Santa Maria in Traspontina.
Egli ha ribadito la necessità di essere “donne e uomini per la vita nel solco di Santa Teresa di Calcutta”, secondo quanto recita il messaggio della CEI. “La presenza silenziosa e possente dello Spirito Santo in ciascuno non può e non deve suscitare in noi paura e timore dinanzi alle nuove sfide della nostra società”. Di qui l’invito del vescovo ausiliare di Roma a chiedersi “cosa avrebbe detto e fatto Madre Teresa oggi per non perdere il sapore del sale e non mettere sotto il moggio la lampada”. Per contrastare la logica della denatalità e il crollo demografico, è necessario dunque – ha proseguito Mons. Leuzzi – “ripensare la cultura della vita in una nuova progettualità sociale”.
Una progettualità sociale che muova dalla consapevolezza che “la presenza del Risorto della storia è il fondamento della grandezza dell’uomo” e operi una conversione culturale “dal ‘tutti noi’ al ‘noi tutti’, in cui ciascuno non è un prodotto ma un dono”, secondo la via indicata dal Santo Padre.
Il compito delle famiglie cristiane è allora quello di invertire tale tendenza attualmente dominante a costruire “relazioni strumentali e non generative dove l’io prevale sul noi”, impegnandosi “con generosità e competenza al servizio della vita”. Egli ha perciò ringraziato alla fine tutte “le coppie che testimoniano quotidianamente la gratuità del loro amore”.
Essere sale e luce per i nostri fratelli significa dunque anche custodire la dignità di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale. Per questo motivo il messaggio di questa Giornata non guarda soltanto ai bambini appena concepiti che sono il futuro della civiltà umana, “sono la forza, quelli che portano avanti, sono quelli in cui riponiamo la speranza” – per dirla con Papa Francesco – ma anche ai nonni che ne sono la memoria storica; “sono la memoria della famiglia, sono quelli che ci hanno trasmesso la fede. Un popolo che non sa prendersi cura dei bambini e dei nonni è un popolo senza futuro, perché non ha la forza e non ha la memoria per andare avanti”.
Perciò, relativamente al fine vita, abbiamo chiesto a Carlo Casini, storico fondatore e ora Presidente onorario del Movimento per la Vita italiano, cosa pensasse in merito alla preoccupante proposta di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, ovvero sul testamento biologico, in discussione alla Camera il prossimo 20 febbraio. “È una legge certamente non necessaria o comunque da riscrivere completamente” – ha affermato Casini –, manifestando le proprie perplessità soprattutto rispetto alle modalità in cui viene ridefinito il rapporto tra medico e paziente, non più presentato come un’alleanza terapeutica, in quanto il medico sarebbe ridotto a passivo esecutore della volontà di autodeterminazione del paziente. Il fine della professione medica è invece chiaramente quello di “non uccidere nessuno”, tutelando il diritto alla salute dei propri pazienti.
Contro la piaga sociale dell’aborto e lo spettro dell’eutanasia anche in Italia la ricetta è una sola e l’ha illustrata Papa Francesco all’Angelus di questa mattina con la chiarezza che lo contraddistingue e senza mezzi termini: “Ogni vita è sacra. La cultura della vita è la risposta alla cultura dello scarto”.