Il pensiero moderno è ideologico nella misura distoglie dalla possibilità di un’esperienza autentica della realtà impedendone di conoscere la verità. È questa la cifra del percorso intellettuale di Charles Péguy, le cui tappe fondamentali di una ‘biografia del pensiero’ sono enucleate ne La ricerca della verità (Medusa 2023, pp. 132), una ricca antologia delle sue riflessioni più significative.
Egli afferma che il filosofo non segue la corrente, né «la menzogna che deformi lo stesso linguaggio»; al contrario, «ha scelto di rimontare la corrente dell’essere». E sull’insopprimibilità della metafisica, da un lato sottolinea che «ogni grande filosofia ha un primo tempo, che è il tempo del metodo, e un secondo tempo, che è il tempo della metafisica»; dall’altro rileva il paradosso per cui anche «le negazioni metafisiche sono operazioni metafisiche», ossia «affermazioni metafisiche rovesciate». Infatti «si è così piccoli di fronte alla realtà. Ammiro quei grandi intellettuali che dal fondo della loro finta pelle dirigono la realtà a colpi di bacchetta». D’altra parte, prosegue lo scrittore francese, «quando si manca la verità, si manca necessariamente la giustizia: a verità incompleta, giustizia incompleta, vale a dire ingiustizia».
Una ragione non ideologizzata è aperta anche alla fede, pena non il diventare poveri, ma peggio miserabili. Infatti colui che, «al centro della sua miseria, non vede che miserabilmente, proprio perché non crede alla vita eterna, a una sopravvivenza infinita, il miserabile che conosciamo come l’ha prodotto l’eliminazione della credenza religiosa, non ha che un solo dominio che è per lui irrevocabilmente il dominio della miseria, un cortile di prigione».
Rispetto al potere dei media, Péguy osserva profeticamente che «la stampa costituisce un quarto potere. Molti giornalisti che biasimano, a ragione, la mediocrità dei costumi parlamentari, farebbero meglio a guardare a se stessi e considerare le stanze di redazioni che si comportano come parlamenti. I giornalisti scrivono come i deputati parlano».
Relativamente al legame tra religione e politica, lo scrittore osserva che «una politica non scalza una religione. All’idea eterna, in particolare cattolica, di salvezza eterna, una sola idea può opporsi: l’idea socialista, economica, di salvezza temporale». Péguy sperimenta in prima persona l’illusorietà del socialismo. Perciò ritiene che la rivoluzione sia «l’appello di una tradizione meno perfetta a una tradizione più perfetta. Una rivoluzione torna essenzialmente a scavare più profondamente nelle risorse non esaurite della vita interiore; a fare le rivoluzioni non sono gli uomini del di fuori, sono gli uomini del di dentro». Tuttavia se «la morale ci fa proprietari delle nostre povere virtù, la grazia ci fa una famiglia e una razza», ossia figli di Dio e fratelli di Cristo.
Alla scaturigine della fede cristiana c’è il mistero dell’Annunciazione, che è «un momento puntuale. È tutta la fine di un mondo e tutto l’inizio dell’altro. È in uno di questi lunghi bei giorni di giugno nei quali non c’è più la notte, in cui non ci sono più tenebre, in cui il giorno dà la mano al giorno, è l’ultimo punto della sera e insieme il primo punto dell’alba». E in effetti, constata lo scrittore francese, «l’Incarnazione è la sola storia interessante che sia mai avvenuta».
Egli definisce la carità come una «continua comunione spirituale e temporale con il povero, con il debole, con l’oppresso». Richiama poi la virtù teologale della speranza attraverso un’immagine poetica, quella di una bambina che tiene per mano la fede e la carità, sospingendo entrambe. Quindi esclama che «nulla è bello come un bambino che si addormenta pregando, dice Dio». Riguardo al tema della libertà afferma mirabilmente che«tutte le umiliazioni del mondo non valgono la bella dritta genuflessione di un uomo libero». Di qui il cattolico si delinea come «un uomo che sa molto bene che si trova sulla buona strada spirituale e che prova lo stesso il bisogno di consultare i paletti indicatori. O piuttosto che prova una gioia, una gioia profonda, a consultare i paletti indicatori».
Insomma, accogliendo la luce della fede e individuando in specie nei Vangeli delle profezie compiute e piene, l’itinerario intellettuale di Péguy riscopre il significato autentico della realtà che interroga e di cui fa esperienza perché ne coglie il senso profondo.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana