«La scuola dell’obbligo non esiste, mentre esiste il diritto da parte dei genitori di dare un’istruzione ai propri figli. È l’istruzione a essere obbligatoria, afferma l’articolo 34 della Costituzione, non la scuola. L’istruzione è in primis una responsabilità dei genitori». È quanto afferma don Stefano Bimbi nel suo volume Gesù Maestro, giunto recentemente alla seconda edizione. Collaboratore de La Nuova Bussola con la rubrica “Schegge di Vangelo”, don Bimbi ha fondato a Staggia Senese una scuola parentale cattolica che accoglie bambini dalle elementari alle medie per farli diventare uomini e donne maturi, radicati in Cristo, pronti a dare ragione della propria fede attraverso una risposta generosa alla propria vocazione.
A Staggia don Stefano arriva nel 2003. In un paesino di tremila anime il gruppo giovani ha solo quattro ragazze. Ma il tenace sacerdote non si dà per vinto; anzi, rispolverando un po’ di sana apologetica su temi storici e d’attualità, riesce a ridestare la fede e l’interesse nei parrocchiani per la Verità. Di qui fiorisce il centro culturale “Amici del Timone”; sorgono iniziative quali gli esercizi spirituali; nascono famiglie anche con più di tre figli che all’indottrinamento di Stato preferiscono quello della Chiesa. Alla scuola fondata da don Stefano gli alunni sono molto seguiti, massimo dieci per classe, in modo da consentire a ciascuno «di sviluppare tutte le sue qualità, e aiutarlo nelle difficoltà». C’è poi lo “zaino leggero”, ossia si lavora sostanzialmente in classe, così da avere tempo libero al pomeriggio per coltivare talenti e interessi e vivere la dimensione familiare. La giornata scolastica, dal lunedì al venerdì, è così suddivisa: ingresso alle ore 8:20, preghiera; lezioni 8:30-10:30; intervallo di mezz’ora; lezioni 11-13.
Don Bimbi sfata poi alcuni falsi miti legati alle scuole parentali. In primo luogo l’accusa mossa dai suoi detrattori di far crescere i figli in delle “bolle” per l’eccessiva protezione che genererebbe una chiusura verso il mondo esterno. La realtà però dimostra il contrario: «i bimbi sono più socievoli crescendo in un ambiente sano in cui ciascuno è riconosciuto e apprezzato per le sue qualità. Non si formano gruppetti perché, essendo pochi, sono un unico gruppo». Insomma di bullismo e standardizzazione del metodo alla scuola di don Bimbi non c’è traccia, perché ciascuno è invitato a fiorire nella propria dimensione personale. Senza troppa burocrazia, poi, gli alunni di “Gesù Maestro” fanno almeno una gita al mese, per cui a scuola ci vanno più che volentieri.
La maestra unica è anche mamma perché non c’è relazione educativa che non sia generata dall’amore. Inoltre la divisione in classi omogenee consente di rispettare le caratteristiche di apprendimento differenti tra maschi e femmine favorendo risultati migliori. Di qui i bambini, dati i tempi d’attenzione decisamente più ridotti rispetto alle bambine, possono finire prima la lezione e andare a giocare a pallone, mentre le ragazze hanno modo di intrattenersi con la maestra per far domande con serenità. Inoltre se «l’educazione è l’incontro della persona con il vero, il buono e il bello, in ogni materia non può mancare Gesù Cristo». Non si può perciò fare storia dimenticando che si divide in prima o dopo Cristo e il ruolo della Chiesa; letteratura; storia dell’arte o persino matematica senza tener conto che essa è il linguaggio col quale il Creatore ha progettato e realizzato il mondo. D’altra parte non bisogna dimenticare che le scholae le ha invitate proprio la Chiesa.
Quindi don Bimbi evidenzia gli ingredienti fondamentali per la riuscita di una scuola parentale cattolica: un gruppo di amici radicati nella fede; mamme che siano casalinghe felici, perché la vocazione della donna è quella di essere sostanzialmente madre; famiglie con tanti figli, perché «i doni si accolgono. I figli sono doni. E più doni hai e più ringrazi chi te li ha fatti».
Don Bimbi valorizza in modo particolare il metodo preventivo di don Bosco e mette in guardia dai cattivi maestri infarciti di teosofia ed esoterismo, in particolare Steiner e Montessori, o di marxismo, come don Milani.
Perciò alla scuola di Staggia non ci si annoia, si coltiva «la disponibilità ad apprendere» –per dirla con le parole della prefazione di Bortolato –e si privilegia la visione d’insieme, e non quella analitica della scuola pubblica, decisamente fallimentare nella misura in cui mira «al controllo cognitivo attraverso programmazioni senza fine» e parcellizza la realtà frantumandone così gli stessi saperi. Al contrario, osserva ancora Bortolato, «il Metodo Analogico invita tutti i bambini a volare alto nei cieli della conoscenza, come fa il pettirosso Pitti, perché proprio da lì alto si può capire tutto. La visione d’insieme, lo sguardo panoramico in anteprima, la leggerezza che permette di volare evitando il peso delle concettualizzazioni, sono i connotati che rovesciano la prospettiva in ogni materia di insegnamento. È in questo modo che la competenza si sprigiona come “insight”, in forza delle analogie. I bambini per la loro semplicità hanno il dono di apprendere che tutti rimpiangiamo e a cui è faticoso ritornare».
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana