«Se sei stato discriminato da Disney o dalle sue filiali (ABC, ESPN, Marvel, ecc.), rispondi a questo post per ricevere supporto legale». Così scrive Elon Musk sul proprio profilo ufficiale in un post già virale che ha superato 15 milioni di visualizzazioni, tacciando la nota azienda di intrattenimento di discriminare quanti non condividano i dogmi del ‘pensiero ‘unico’ ed ergendosi così a paladino della libertà di espressione, almeno sul social X da lui fondato.
Pare in effetti che Musk si sia offerto di sostenere le spese per la difesa legale contro Disney di Gina Carano, licenziata senza giusta causa dal set di The Mandalorian. L’attrice americana sarebbe rea di aver espresso pubblicamente su X opinioni politiche vicine alla destra repubblicana, e dunque contrarie al ‘politicamente corretto’ e all’ideologia woke sposata dalla Disney. La Carano ha definito Musk quale «faro di speranza in questo mondo» per il coraggio di aver assunto pubblicamente tale posizione e la sua disponibilità a contribuire alle sue spese legali, come a quelle di chiunque la pensi diversamente dal mainstream e sia stato per questo ingiustamente discriminato o penalizzato sul piano professionale dalla Disney.
In realtà Musk ha anche postato la policy Disney incriminata, che gli sarebbe stata segnalata da una fonte anonima (e in effetti non è più reperibile sul sito ufficiale dell’azienda d’intrattenimento probabilmente, come alcuni sostengono, perché prontamente e opportunamente rimossa dalla stessa). L’accusa alla Disney del fondatore di Tesla è sostanzialmentedi «razzismo e sessismo obbligatori e istituzionalizzati».
In tale policy la Disney si impegna a soddisfare nelle sue produzioni standard precisi e rigidi parametri al fine di tutelare l’inclusione delle ‘minoranze’, tra cui quella Lgbtq+. Secondo lo standard A, infatti, il 50% o più della metà degli attori e dei personaggi deve appartenere a tale minoranza e i loro ‘diritti’ devono essere parte integrante dei temi da sviluppare, e dunque anche oggetto di episodi specifici nel caso di una serie. Rispetto allo standard B, il 50% o più della metà dei ruoli professionali all’interno del team creativo, dagli sceneggiatori fino al regista di un singolo episodio di una serie devono essere riservati allo stesso ‘gruppo discriminato’. Il medesimo criterio deve essere infine rispettato, in base allo standard C, per quanto concerne le assunzioni di direttori di produzione e personale tecnico, come deve esser tenuto in considerazione nell’apertura di nuove posizioni nei diversi ambiti professionali così da poter accogliere tra le nuove candidature, proporzionalmente e periodicamente, persone provenienti dal mondo Lgbtq+.
D’altra parte la Disney non è nuova a tale propaganda dei temi dell’agenda Lgbtq+. ProVita e Famiglia lo ha denunciato a più riprese – in specie in occasione del centenario della celeberrima corporation ideatrice e produttrice di cartoni animati diventati cult, film e serie televisive – allorquando «Karey Burke, presidente della Disney’s General Entertainment Content, aveva dichiarato di voler arrivare in poco tempo ad almeno il 50% dei personaggi LGBT. Inoltre lo scorso maggio è stata Main Sponsor del Roma Pride». Fortunatamente, però, tra quanti lavorano in Disney non sono tutti a pensarla allo stesso modo; pare anzi vi sia un dibattito interno piuttosto acceso tra quanti sostengono al contrario che l’azienda debba continuare a occuparsi principalmente di intrattenimento e non di come indottrinare soprattutto bambini e adolescenti all’ideologia woke ed Lgbt, secondo quanto dichiarato dallo stesso Bob Iger, Ceo di Walt Disney Company, al DealBook Summit del New York Times.
In effetti son già diversi anni che nei cartoni e nelle serie ideate e coprodotte dalla Disney compaiono personaggi che incarnano tale fluidità di genere. Basti ricordare le due donne omoerotiche che accompagnano insieme il figlio di una delle due all’asilo in Toy Story 4(2019) o il bacio saffico tra le stesse nel più recente Lightyear – La vera storia di Buzz. E ancora la poliziotta Specter, primo personaggio Lgbtqia+, protagonista del film Onward – Oltre la Magia (2020) e Priya di Red (2022), queer d’inclinazione bisessuale.
Insomma, al di là di quanto possa esserci di strumentale,la vicenda sollevata da Elon Musk risulta essere purtroppo solo l’ennesimo segnale preoccupante dell’atteggiamento ideologico e totalitario di una cancel culture sempre pronta a mettere a tacere ogni voce libera di dissenso e a farne pagare le conseguenze a chi osi ostacolarne i piani.