Anche Save the Children sposa l’ideologia di genere e suggerisce libri allo scopo di «stimolare i desideri dei bambini e delle bambine, educare alla parità di genere, al rispetto e alla libertà di poter essere ciò che si sceglie». Assurdo ma vero. Proprio la realtà – una delle più grandi e conosciute al mondo – che dovrebbe (nomen omen) avere a cura la salvaguardia dei più piccoli, in realtà diventa protagonista anche di iniziativa votate al gender, poiché secondo la stessa associazione sarebbe «importante iniziare già dal nido e dalla scuola dell’infanzia».
«Vogliamo che ogni bambina e ogni bambino abbia un futuro» e ciò si traduce nell’impegno a fare in modo che tutti i bambini possano «crescere sani, ricevere un’educazione ed essere protetti», recita la mission dichiarata della celebre Ong. Eppure, in un progetto in particolare lanciato già nel 2023, dal titolo “Educare alla parità di genere attraverso la lettura”, dietro il pretesto di cancellare gli stereotipi di genere, evitare le discriminazioni e favorire un linguaggio inclusivo, si cela un’intenzionalità ideologica con un solo obiettivo: l’indottrinamento gender dei bambini. Di qui il ‘nemico’ da abbattere è presto individuato in quei genitori, il cui primato in ambito educativo è seriamente messo in discussione, allorquando si sostiene che «i bambini e le bambine sono esposti/e inconsapevolmente ad aspetti socio-culturali legati al sesso di appartenenza e tendenzialmente i genitori e le figure di riferimento trasmettono modelli tradizionali di genere, senza offrire strumenti critici per vivere la complessità della società».
Ecco dunque che Save The Children finisce per suggerire un corposo elenco di libri illustrati per educare alla parità di genere i bimbi sin dalla fascia d’età compresa tra 0 e 5 anni. Tra i libri segnalati (tutti e anche altri del panorama Lgbtqia+ li potete trovare sul nostro Dossier) figurano titoli quali: “Così come sono” di Helene Druvert; “Julian è una sirena” e “Julian al matrimonio” di Jessica Love delle Edizioni Panini su stereotipi di genere e coppie omogenitoriali; “Mamma Robot” di Zidrou e “Principessa Kevin” di Escoffier e Garrigue delle Edizioni Clichy. La trama di quest’ultimo è la seguente: «Kevin è una principessa, checché se ne dica! Kevin è una principessa. Gli altri possono anche trovarlo ridicolo, ma a Kevin non importa. Kevin è una principessa, punto. Sua sorella gli ha prestato un bel vestito, scarpe con i tacchi e qualche gioiello. Kevin si è messo un po’ di trucco della mamma, e ora è una principessa. Non capisce cosa c’è di male nel travestirsi in quel modo. Quando ci travestiamo è per non essere riconosciuti. Altrimenti, non serve a niente! E soprattutto, chi ha deciso che solo le ragazze possono vestirsi da principesse?». Non serve che commentiamo, quanto scritto parla – purtroppo – da sé-
Nell’elenco vi sono poi “Chi sono?” di Caroline Dall’Ava delle Terre di mezzo sulla fluidità dei ruoli di genere; “Tu sei importante” di Christian Robinson delle Edizioni Gallucci; “Sì&no si può fare” di Pauline Oud delle Edizioni Clavis rispettivamente sui temi dell’inclusione e del consenso; “Stramba” di Smith, Laird e Fox edito da Mondadori sull’esigenza di non conformarsi agli standard. Sulla libertà di essere ciò che si vuole la stessa ong suggerisce ancora “Sono una selvaggia” di Biemmi e Urbinati edito da Erickson; mentre “Una bambola per Alberto” di Zolotov e Delacroix edito da Sottosopra è un libro contro gli stereotipi legati ai giocattoli. C’è poi la proposta de “Il mio primo libro femminista” di Silvia Vecchini edito da Sonda.
Una bimba felice di piantare le fragoline di bosco, assecondando l’idea del papà e del compagno di lui, costituisce invece la trama de “Il bosco in casa” di Vegna e Tolke, mentre in “La nudità che male fa?” di Haine (entrambi delle edizioni Settenove) sono le illustrazioni ad acquerello e inchiostro a celebrare i corpi di ogni colore, forma e dimensione.
Insomma si tratta di titoli allusivi e nel contempo eloquenti della reale finalità che si desidera perpetrare: manipolare le menti alla fluidità di genere sin dalla più tenera età, violandone innocenza e genuinità di pensiero. D’altra parte c’era da aspettarselo se si pensa che la stessa Save the Children, che pure si erge a paladina dei diritti dei bambini, promuove contraccezione e aborto quali “diritti” alla salute riproduttiva, contribuendo a favorire l’uccisione nel grembo materno di chi non ha voce, negandone così il diritto fondamentale alla vita.