«Nel mondo ci sono due essere assoluti, di luminosa evidenza: io e il mio Creatore. La preghiera è una conversazione con Dio e, «per la vita spirituale, ciò che è il battito per il polso». Quest’espressione di John Henry Newman lascia trasparire da subito la consapevolezza del suo legame intimo e profondo con Dio mantenuto sempre vivo attraverso la preghiera.
Il dialogo col Padre «divenne l’occupazione preferita di Newman, scandì tutti i suoi giorni, assumendo aspetti nuovi nelle fasi successive della sua vita. Essa lo accompagnò e lo confortò nel periodo in cui fu studente a Oxford; si fece più frequente e aperta agli altri quando fu nominato parroco della chiesa universitaria di St. Mary e tutor nel college di Oriel; divenne appassionata durante il movimento di Oxford nel 1833». Con la sua conversione al cattolicesimo divenne «più semplice, più fiduciosa», valorizzando maggiormente anche le pratiche di devozione popolare. Così Giovanni Velocci e Francesca Valente introducono i sermoni Sulla preghiera di John Henry Newman – recentemente riproposti da Jaca Book che sta pubblicando meritoriamente l’Opera Omnia del cardinale inglese in una nuova edizione – soffermandosi analiticamente sul valore che il cardinale riconosce al dialogo con Dio nelle sue diverse forme.
Abbeverandosi alle sue fonti – la Scrittura e la Tradizione dei Padri, ma anche i teologi anglicani e il Prayer Book – egli loda la misericordia del Padre affinché, una volta piegato il suo orgoglio, lo renda «un soldato fedele».
Anima orante, alla vigilia della sua ordinazione sacerdotale, prega così: «Fa’ di me il tuo strumento, usami, se vuoi, fammi a pezzi. Fa’ che io sia tuo, in vita e in morte, nella fortuna e nella sfortuna, nella salute e nell’infermità, nell’onore e nel disonore».
La preghiera lo sostiene anche nelle necessità materiali. Quando teme di non riuscire a saldare un debito si rivolge al Padre con fiducia e, rientrato in camera, trova una lettera con 35 sterline. Il cardinale inglese è solito comporre anche delle liste quali promemoria, del tipo: Pregare per…In parrocchia: vigilanza, instancabilità, presenza di spirito, dolcezza di spirito, semplicità, prontezza, immediatezza di risposte, amore, umiltà, discernimento degli spiriti. Nelle visite ai malati: modestia, misericordia, fiducia in Cristo, giudizio, cognizione, fermezza, candore. Nel catechizzare etc.: pazienza, gentilezza, cortesia, buon umore, chiarezza nell’esporre, sapienza. Verso i dissidenti: umiltà, carità, misericordia, pazienza, sapienza, parlare a proposito». Insomma la preghiera è per Newman l’anima di una vita autentica in vista della santità. Egli aveva infatti fatto proprio il motto di Thomas Scott: «La santità piuttosto che la pace».
Tra le preghiere preferite del cardinale c’è la recita dei Salmi. Di qui l’invito accorato innanzitutto a se stesso, poi ai fedeli, affinché «il Salterio di Davide sia familiare a ciascuno come le parole della sua bocca». Dà spazio anche alle mortificazioni e al digiuno da ogni dolce e bibita che non sia acqua, soprattutto in Quaresima, nella consapevolezza che «la più grande mortificazione è compiere bene il nostro dovere quotidiano».
Relativamente alla Santa Messa, contempla così il compiersi dei divini misteri: «Signore, tu sei morto per me e io in contraccambio mi consegno nelle tue mani». Devoto del Santo Rosario, quando durante la vecchiaia le sue mani si irrigidiscono, si fa comperare delle corone composte di grani sempre più grandi in modo da poterli sgranare con maggiore facilità. Una volta entrato nella Congregazione dell’Oratorio, compone splendide preghiere in onore di San Filippo Neri e meditazioni sulle virtù del ‘Pippo buono’.
Il cardinale inglese sostiene fermamente che «la preghiera, la lode, il ringraziamento, la contemplazione sono lo speciale privilegio e il dovere di un cristiano». Per questo motivo «non è fatto per abitare il cielo chi al linguaggio del cielo non si è abituato».
Rispetto alle diverse forme di preghiera, ritiene che «serbare un’accurata memoria di tutto ciò che Dio ha dato per noi» sia il cuore della preghiera di ringraziamento, mentre relativamente a quella di intercessione, precisa che «Cristo intercede in cielo e il cristiano in terra».
La preghiera ottiene anche effetti particolarmente benefici per l’orante, quali la sottomissione delle passioni, il distacco dal mondo, l’amore e l’unione con Dio, e soprattutto, la trasformazione interiore di se stessi. Per questo «l’uomo che prega non è più quello di prima»; ha l’ardire di chiedere al Padre: «Fa’ che io abbia nella mia persona ciò che tu hai dato a Gesù per natura», e così ogni virtù e dono, il fervore dello Spirito e la carità.
Al contrario «chi tralascia la preghiera non gode più della cittadinanza divina, ma corre anche il rischio di perderne il possesso». Perciò l’intera vita del cristiano deve esser preghiera, un cantico di lode e ringraziamento al Padre buono, «adorazione raccolta e servizio attivo» sulla scia evangelica di Marta e Maria, «aspirando a essere ciò che Cristo vuol far di noi».
Fonte: LaNuovaBussolaQuotidiana