«Vieni, Signore Gesù». È questa l’invocazione che ciascun cristiano è chiamato a ruminare come un monaco nel tempo di avvento. Come rivela l’etimo stesso della parola, avvento è ad-ventum, il venirci incontro del Figlio di Dio nell’oggi del nostro tempo e della propria storia personale. Tra la sua prima venuta nell’umiltà della carne umana e nella sottomissione alla volontà del Padre e la seconda venuta alla fine dei tempi del Cristo nella gloria come giudice misericordioso c’è infatti la venuta del Signore dei secoli e dell’eternità nel ‘già e non ancora’ dell’oggi, di questo Natale 2020.
Il Signore viene come un ladro nella notte; «il non conoscere l’ora della sua venuta mira forse proprio a questo: a farti stare sempre pronto», scrive Sant’Agostino. Chi sono allora quelli che non si fanno sorprendere dalla venuta improvvisa del Signore? «Coloro che fanno affidamento più sull’Autore dei doni ricevuti che non sulle cose ricevute in dono senza asservirsi ad esse – sottolinea il vescovo d’Ippona – e, quanto alle cose in se stesse, vi vedono un tratto della sua misericordia che viene a consolarli. Per cui non si appagano dei doni per non precipitare lontano dal Donatore. Persone di questo genere non saranno prese alla sprovvista dal giungere di quell’ora, che sarà come il giungere di un ladro». In tale prospettiva l’avvento costituisce un monito a riscoprire ogni cosa per quella che realmente è, a considerarla in ordine al fine per cui è stata creata, ossia un dono di grazia di cui giovarsi per render maggior gloria a Dio anche nel servizio operoso ai fratelli.
Cristo è luce che viene a rischiarare le tenebre del peccato di ogni uomo per farlo vivere della e nella Sua luce. Ogni uomo, in realtà, in se stesso «non è altro che tenebre, Tu invece sei la luce che fuga le tenebre e che m’illumina; luce per me che non si sprigiona da me, bensì luce ch’è parte di quella che proviene da te». In questo tempo di preparazione al Santo Natale il discepolo di Gesù è chiamato a convertirsi, ossia a combattere il peccato e a conformarsi alla volontà del Padre per vivere nel suo amore da vero figlio della luce. Il vescovo di Ippona avverte infatti che «crescere male è un menomarsi. Sia dunque Dio a crescere in te, Dio che è sempre perfetto. Quanto più conosci Dio e quanto più lo accogli in te, tanto più apparirà che Dio cresce in te; in sé però non diminuisce, essendo sempre perfetto».
D’altra parte solo chi vive ogni giorno alla presenza del Padre, in compagnia del Figlio e nella grazia santificante dello Spirito Santo può divenire, sulla scia di Giovanni il Battista, una ‘voce che grida nel deserto’, cioè annunciatore credibile perché testimone di vita piena nel vuoto di una società che continua a vivere come se non vi fosse mai stata una mangiatoia a Betlemme. Dunque «che significa gridare verso Cristo, fratelli, se non corrispondere alla grazia di Cristo con le opere buone? Dico ciò, fratelli, affinché non facciamo strepito con le parole e rimaniamo poi muti con le opere buone. Chi è che grida verso Cristo affinché sia rimossa la cecità interiore al suo passaggio? Chi è che grida verso Cristo? Grida verso il Cristo chi disprezza il mondo e i piaceri mondani. Grida a Cristo chi non con la lingua, ma con la vita dice: ‘Il mondo per me è morto e io per il mondo sono morto’ (cf. Gal 6, 14)», offrendo le proprie gioie e sofferenze quotidiane del tempo presente come sacrificio spirituale gradito a Dio perché la salvezza operata dal Verbo raggiunga ogni uomo.
Perciò, nell’attesa gioiosa del Natale del Signore, ciascuno contempli il grande mistero del Verbo che si fa carne della nostra carne. Infatti poiché «Dio si è fatto uomo per te, uomo, ti devi credere davvero cosa grande; ma ti devi abbassare per poter salire, perché anche Dio si è fatto uomo abbassandosi. Attaccati alla medicina che ti cura, imita chi si è fatto tuo maestro, riconosci il tuo Signore, abbraccia in lui il fratello, riconosci il tuo Dio».
Allora «venga il Signore a visitare il vostro cuore: nelle ore di svago e fra le occupazioni, in casa, nel letto, durante la consumazione del pasto, la conversazione o il passeggio e in ogni luogo. Venga la pioggia divina e il seme che è stato sparso produca i suoi frutti! Là, dove noi non arriviamo e mentre noi ce ne stiamo riposando tranquilli o badiamo ad altre occupazioni, venga Iddio a far crescere le sementi che abbiamo sparse, di modo che possiamo anche rallegrarci del frutto».
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana