«La progressiva identificazione del diritto con il desiderio è la vera metastasi delle nostre società occidentali». Quest’affermazione del cardinale Caffarra individua nel contesto attuale il motivo principale di tante crisi familiari generate proprio dal fatto che «al giorno d’oggi cedere alle pulsioni è diventato una sorta di dovere morale, mentre il diritto è sempre più equivalente al desiderio».
Alcune di queste storie emblematiche sono state raccolte dall’avvocato familiarista Massimiliano Fiorin nel suo recente saggio Il diritto e il desiderio. Ritrovare sé stessi attraverso le crisi familiari (Ares 2021, pp. 232), in cui c’è spazio per vicende dolorose di separazione e divorzio, lotte all’ultimo sangue con l’altro e con sé stessi, ma anche per percorsi di rinascita. I titoli dei capitoli – l’Innocente, l’Orfano, il Guerriero, il Saggio, il Mago, il Folle – rimandano a precise immagini archetipiche della psicologia analitica del profondo di matrice junghiana. Scopo del saggio è supportare singoli e famiglie perché non cedano all’illusione di un ‘divorzio facile’ privo di conseguenze per se stessi e soprattutto per i propri figli, imparando a resistere insieme alle tempeste della vita con resilienza e spirito di collaborazione.
Il volume prende le mosse da un’amara constatazione, secondo la quale «il matrimonio è divenuto qualcosa che fa solo paura, perché toglie semplicità alla vita e rende più minacciose le incognite che incombono su di essa, anche rispetto alla prospettiva della solitudine che almeno garantisce l’illusione della libertà». Per cui, sulla base di tante esperienze di vita, il divorzio fa capolino ormai quasi come un «finale scontato».
Fiorin ripercorre i dialoghi verosimili avuti con i suoi ‘assistiti’. Il primo è quello con un uomo che s’accorge del tradimento della propria compagna convivente con la quale ha anche avuto un figlio. Costui incarna la prima figura archetipica, quella dell’Innocente, «che continua a credere e sperare negli altri a qualunque costo, anche di fronte all’evidenza, perché ha conservato dalla sua infanzia un’incrollabile fiducia riguardo alla positività del mondo. Questo però comporta una forte spinta a negare l’esistenza dei problemi relazionali dentro e fuori l’intimità della coppia». Per cui, quando questi insorgono, «l’Innocente di solito tende a colpevolizzarsi o anche a colpevolizzare chi gli sta accanto, perché non riesce a tollerare che la persona che ama possa deluderlo». Egli deve perciò divenire progressivamente cosciente di quello che l’altro è realmente, rimarginare le proprie ferite e – cosa che accade tra i due solo al termine di un percorso di mediazione familiare – aprirsi a un perdono che porti la sua relazione amorosa a un nuovo livello di consapevolezza e responsabilità reciproca.
L’Orfano emerge, invece, ogni qualvolta che «il bambino interiore torna a sentirsi abbondonato, tradito e deluso». È quanto accade alla protagonista della seconda vicenda, una donna straniera abituata a contare sulle proprie forze che ha avuto due figli con uomini diversi e che desidera vivere la propria indipendenza, evitando così di «diventare un Angelo custode, protettiva verso i figli». Grazie però alla fermezza dell’uomo che ha accanto, il quale si preoccupa di entrambi i figli e ne provvede concretamente alla crescita, riesce a curare la depressione in cui è caduta attraverso una terapia psicoterapeutica.
Il Guerriero è un uomo sposato che non avrebbe dovuto avvicinarsi a moglie e figlia per almeno un anno perché sospettato di essere pericoloso per entrambe, in quanto non accetta la separazione e non si rassegna alla fine del proprio matrimonio. Nel suo caso è stata sufficiente una parola fuori luogo dettata da un certo nervosismo a far scattare il protocollo dei nuovi centri antiviolenza femminili con l’accusa di ‘violenza morale’ per tenerlo lontano da moglie e figlia. Egli riesce però a recuperare una buona relazione con la figlia mostrandosi per quello che realmente è, al di là delle accuse della moglie.
Dopo aver avuto un figlio con il compagno, il matrimonio di Alma è stato quasi un ‘atto dovuto’. «A causa del suo archetipo dominante, l’Angelo custode, Alma aveva un’idea sproporzionatamente alta del suo ruolo materno», per cui se vuol custodire la sua relazione deve impegnarsi molto a non fagocitare il marito nelle proprie dinamiche e aprirsi a riconoscere gradualmente nell’uomo che le è accanto «il ruolo di protettore per lei e per il loro figlio».
L’uomo dominato dall’archetipo dell’Esploratore, invece, non ha mai raggiunto la maturità affettiva e fallisce come padre, perché le sue relazioni sono funzionali soltanto alla propria ‘ricerca di senso’. Ha tre mogli, dalle quali viene lasciato per il suo atteggiamento di fuga dinanzi alle responsabilità anche nei confronti dei figli. Tuttavia, solo a partire da tali responsabilità egli può recuperare, seppur nella vecchiaia, il senso più profondo della propria esistenza.
Tra le altre figure vi sono il Distruttore, che soffre una sorta di «sindrome di Medea, un comportamento materno finalizzato alla distruzione del rapporto tra il padre e i figli dopo una separazione conflittuale»; l’Amante, incarnata da una coppia sposata che, dopo diversi tradimenti causati da «passione degenerata e narcisistica» riscopre, grazie alla fede, il perdono e la bellezza dell’eros vissuto nell’amore coniugale; il Creatore, per il quale il lavoro è tutto a detrimento di moglie e figli; il Sovrano che, dopo tanti errori fatti in gioventù, è «diventato sovrano di sé stesso e della propria famiglia attraverso la capacità di chiedere perdono»; il Folle, cui interessa essenzialmente solo la propria libertà al di là di qualsiasi giudizio altrui.
Il volume di Fiorin racconta tante storie di cuori esacerbati, ma anche di amori lacerati e pazientemente ricuciti, nella ferma speranza che, coltivando adeguatamente la relazione di coppia, tante famiglie possano restare unite e crescere nell’amore reciproco proprio superando insieme le difficoltà e «cercando in sé la nostalgia di qualcosa di più grande».
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana