Per quanto sia soltanto ufficiosa, la candidatura della democratica Kamala Harris al posto di Joe Biden alla Casa Bianca rischia di costituire una grande minaccia alla tutela del diritto alla vita negli Stati Uniti.
Harris, infatti, da sempre si batte infatti strenuamente per la possibilità di aborto fino alla nascita nell’intero Paese. «Kamala Harris è determinata a imporre in tutti i 50 Stati l’aborto senza limiti, compresa la possibilità di aborti tardivi nel settimo, ottavo e nono mese di gravidanza. È così dedita alla causa dell’aborto che non riesce a vedere altro, né le reali esigenze delle donne, né tanto meno gli stadi di sviluppo dei bambini nel grembo materno. Intervistata più volte sul tema anche in tv, non ha mai individuato una possibile casistica in cui l’aborto sia precluso. Ha persino elogiato i tentativi di chi si batte per far chiudere i centri di assistenza alla gravidanza e aiuto alla vita che forniscono un vero supporto alle donne e alle famiglie in difficoltà, diventando al contempo la prima vicepresidente in carica a fare campagna per l’aborto. Insomma mentre Joe Biden manifestava qualche difficoltà a pronunciare la parola aborto, Kamala Harris la urla», ha affermato Marjorie Dannenfelser, presidente di SBA Pro-Life America.
«Al contrario (nonostante un cambio di passo un po’ più moderato nelle ultime settimane, leggi qui il nostro approfondimento ndr), il presidente Trump, JD Vance e il Partito Repubblicano respingono il tentativo democratico di imporre l’aborto su richiesta in tutti i 50 Stati e sostengono il diritto di ciascuno Stato di porre limiti all’aborto, come la possibilità di fornire alternative reali alle madri in difficoltà», ha ribadito ancora l’attivista prolife.
«Kamala Harris è radicalmente per l’aborto e considera sacrificabili le vite preziose dei bambini non ancora nati», ha ribadito Carol Tobias, presidente di National Right to Life. E in effetti tale posizione di Harris era emersa già nel 2019 quando, candidata alla vice presidenza Usa, si era spesa pubblicamente affinché gli Stati con leggi a maggior tutela del diritto alla vita richiedessero una sorta di “pre-autorizzazione” al Dipartimento di Giustizia prima di promulgare nuove leggi a protezione dei bimbi non ancora nati e delle loro madri.
La stessa probabile candidata alla presidenza degli Stati Uniti sostiene infatti il Women’s Health Protection Act, un disegno di legge che sancirebbe l’aborto senza limiti fino alla nascita nella legge federale, eliminando contestualmente tutte le protezioni esistenti per i nascituri e le loro madri sia a livello federale che statale; desidera poi che tutti i contribuenti americani finanzino l’aborto. Di qui si comprende anche il motivo per cui Planned Parenthood Action Fund e EMILY’s List e Reproductive Freedom for All figurino tra le associazioni abortiste finanziatrici delle sue campagne elettorali.
Insomma, al di là del nome effettivo di chi concorrerà per la Casa Bianca per il Partito Democratico (lo si saprà con certezza a seguito della Convention nazionale democratica in programma dal 19 al 22 agosto a Chicago) c’è purtroppo ben poco da sperare per una maggior tutela del diritto alla vita dei bimbi nel grembo materno.