«Il Verbo si è fatto carne. La mia vita fin da giovanissimo è stata letteralmente investita da questo: sia come memoria che persistentemente percuoteva il mio pensiero, sia come stimolo a una rivalutazione della banalità quotidiana. Tutto ciò che era bello, attraente, affascinante, fin come possibilità, trovava in quel messaggio la sua ragion d’essere, come certezza di presenza e come speranza mobilitatrice che tutto faceva abbracciare».
Scrive così ai giovani don Luigi Giussani in uno dei suoi scritti fondamentali ora raccolti in Alle radici di una storia (Rizzoli 2022, pp. 320) che ripercorre il percorso umano e spirituale del santo sacerdote di Desio nel centenario della nascita. Una fede ‘incarnata’ quale accadimento ed esperienza del Mistero per una conoscenza più profonda della realtà, di se stessi e degli altri; la cultura dell’incontro e, in special modo, l’educazione dei giovani, sono solo alcuni dei temi pregnanti di questa ricca antologia di pagine scelte.
«Iniziamo a giudicare: è l’inizio della liberazione», osserva ancora il ‘Gius’, additando un metodo preciso per indagare la realtà mediante una ragione aperta al Mistero che non pretenda di esserne invece la misura e il criterio ultimo. Una ragione che non esclude il sentimento, appassionata e umile «coscienza del senso e corrispondenza con la realtà», riconosce infatti che «questa è la grandezza dell’uomo: la parola ‘felicità’ può essere pronunciata, sentita, vissuta solo dall’io». Tale esigenza di felicità è la vera mancanza, il grido autentico del cuore di ogni uomo inteso come inesauribile tensione alla quale soltanto Cristo può rispondere pienamente. «Il cristianesimo è un ‘fatto’», l’avvenimento di «un uomo che ha detto: “Io sono la salvezza della tua vita. Io sono il significato della tua vita”».
D’altra parte se «la coscienza di sé fino in fondo percepisce al fondo di sé un Altro» è evidentemente Cristo tale Presenza con la passione per l’uomo. Allora la creatura, consapevole che non si dà l’essere da se stessa, si riscopre quale “Io-sono-Tu che mi fai”. Poi Gesù si lascia incontrare «dentro la compagnia di coloro che lo hanno udito e gli hanno detto ‘sì’, lo riconoscono e sono insieme perché c’è Lui». E in effetti, come sottolinea il sacerdote di Desio, «l’annuncio cristiano è: un uomo che, mangiando, camminando, consumando normalmente la sua esistenza di uomo ha detto: “Io sono il vostro destino”, “Io sono Colui di cui tutto il cosmo è fatto”».
La cifra dell’amore di Cristo è la sua misericordia, definita da don Giussani «quale abbraccio ultimo del Mistero, contro cui l’uomo – anche il più lontano e il più perverso – non può opporre niente: può disertarlo, ma disertando se stesso e il proprio bene».
Certo «non è compito di Gesù risolvere i vari problemi, ma richiamare alla posizione in cui l’uomo più correttamente può cercare di risolverli», ribadisce Giussani. Lo si può fare dunque in pratica amando la verità più di se stessi, più delle proprie idee e pregiudizi. Questa è la morale, secondo il fondatore di ‘Comunione e Liberazione’, una posizione netta e precisa di fronte al valore, ossia a ciò per cui vale la pena impegnarsi nella vita, che scaturisce però dal ‘sì’ alla Presenza, come il triplice di Pietro nell’incontro con il Risorto dopo il rinnegamento. Infatti «solo l’uomo che vive questa speranza in Cristo continua tutta la sua vita nell’ascesi, nello sforzo per il bene».
Don Luigi Giussani è stato anche un sapiente educatore di tante generazioni di giovani, consapevole che «educare significa aiutare l’animo dell’uomo a entrare nella totalità della realtà» e che «esser giovani vuol dire dire aver fiducia in uno scopo». Si tratta dunque di educare alla libertà, intesa quale «livello in cui la natura diventa capace di rapporto con l’infinito», «desiderio di felicità e di soddisfazione totale» per rimanere fedeli al proprio cuore. Perché, come sottolinea Papini, «l’uomo è libero solo di diventare ciò che nella sua originaria essenza era già: sete di felicità».
«La vita che non è vita, è dura!». Risponde così il Gius a Gisella Corsico che gli chiedeva come si sentisse durante il tempo della sofferenza e della prova. Egli custodisce sempre il suo cuore grato a Dio, nella lucida e fiduciosa consapevolezza maturata sin dagli anni del seminario che «ogni istante che trascorro in questa forzata inattività può essere un immenso atto d’amore che serva alla felicità dei miei fratelli uomini ed alla gloria del mio Amico Divino, più di quanto l’avrebbe potuto il mio esteriore ardore». Anche di tali semi, affacciandosi oggi dai granai del Cielo, Luigi Giussani può scorgere lieto e col cuore finalmente pieno copiosi frutti di vita eterna.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana