«Cristo non è solo il modello dell’umanità più vera e compiuta, o del capo da seguire con fiducia, ma anche Colui che ci dona la forza interiore, la sua grazia, per percorrere la strada senza fine della costruzione di noi stessi», scrive il cardinale Angelo Bagnasco in uno dei suoi pensieri raccolti nel volume Cristo speranza di ogni uomo (Ares 2025, pp. 184) accanto ad altre preziose riflessioni per la meditazione spirituale sul tema della speranza cristiana. «Diventando vescovo nel 1998, pensai che alle soglie del Terzo millennio fosse urgente annunciare la speranza che non verrà mai meno: Gesù Cristo», scrive infatti il cardinale in questo volume che ripercorre, attraverso il filo rosso della speranza, il suo magistero episcopale.
«Quando l’uomo si apre a Dio giunge alla verità, diventa libero e sicuro, sa dove andare e che cosa vale! È capace di giudicare i fatti e la storia, il bene e il male, il vero e la menzogna, ciò che vale e ciò che è vuoto anche se lusinga», sottolinea ancora l’arcivescovo emerito di Genova. Di qui «il credente è non conformista quando non ha paura di rimanere solo in compagnia della Verità, l’unica
che paga veramente perché fa grande la coscienza». Vivendo con tale orizzonte «il cristiano del futuro sarà un mistico o non sarà. Lo specifico della vita cristiana, infatti, non è avere buoni sentimenti e neppure un codice di comportamento, ma la vita della grazia. La fede cristiana è conoscere Dio perché lo si incontra; è sapere che Dio è Qualcuno; non fare alcune cose, ma vivere riferiti, ricongiunti a Lui; è intuire che noi esistiamo perché Dio vive; è esserne affascinati, ghermiti, posseduti».
Mediante l’immagine poetica della danza, Bagnasco evidenzia nel contempo la fiducia, la bellezza e la pace nel lasciarsi condurre dalla potenza dello Spirito Santo: «Fra le braccia dell’Amore divino la vita è una danza, la danza dell’obbedienza alla musica dello Spirito. E non importa sapere dove la danza conduce, basta non essere rigidi, basta lasciarsi portare». Questo però sempre nella consapevolezza che «vivere l’oltre non ci astrae dalla storia, ma ci permette di abbracciarla con maggiore passione e responsabilità».
Relativamente all’esigenza di testimoniare la fede, Bagnasco ribadisce che «Cristo ha restituitola libertà all’uomo, la libertà della Verità vera ed eterna che Egli è. E la sua Verità è per il bene di tutti, uomini e società. Per questo i cristiani non possono tenerla per sé, ma con rispetto e convinzione, senza complessi, la devono offrire a chiunque, convinti che il Vangelo non opprime nessuno ma libera l’uomo dalla menzogna degli egoismi, sia privati che pubblici».
Così, rivolgendosi ai confratelli sacerdoti con parole lungimiranti di cui anche i fedeli laici sono chiamati a far tesoro, egli ricorda che «ogni nostro atto o nasce dall’altare o non nasce affatto. Così ogni nuovo percorso pastorale deve scaturire dal cuore di Cristo – l’Eucaristia – e a questo cuore tornare. Dobbiamo pregare di più, dobbiamo adorare di più Gesù nel Sacramento. Insieme alle nostre comunità dobbiamo crescere attorno all’altare non per ripararci dal mondo, ma per andare nel mondo portando Lui e non noi stessi, la sua Verità e non le nostre opinioni». Per questo motivo «il missionario non deve mai disperare. Le circostanze della storia possono essere complesse e mutevoli,
segnate dalla confusione dei valori, ma il cuore dell’uomo è sempre lo stesso, alla perenne ricerca della felicità». Ogni testimone della fede non è chiamato a «essere un “conquistatore” di anime, ma “conquistato” da Cristo».
In relazione al mistero eucaristico, il porporato afferma che «l’Eucaristia è il soffio dell’eternità dentro allo scorrere veloce dei giorni». Di qui «adorare è riconoscere con gioia – fino alle lacrime – il primato di Dio e, quindi, la verità di ciò che siamo, piccole creature, ma creature amate. Adorare è recuperare la misura delle cose, quell’essenziale che conta davvero nel cammino della vita. Adorare è lasciarci guardare da Lui, che conforta e incoraggia, illumina e sostiene; Lui, che resta con noi sempre e che ci è così prossimo da farsi trovare a portata di cuore».
Rispetto al mistero della sofferenza il porporato evidenzia che «l’albero della Croce che ti ha accolto tra le sue braccia e ha raccolto il Sangue di Dio, è diventato per noi il segno della nostra speranza», in quanto «attraverso la via della Croce, Dio scende e l’umanità sale: su quel legno s’incontrano per sempre, il varco non si chiuderà più, resterà aperto senza fine, perché quel luogo è Cristo stesso, Ponte e Pontefice fra la terra e il cielo. Il Calvario è il luogo dell’appuntamento e dell’abbraccio, dell’invocazione che si eleva e della misericordia che risponde.
Ai giovani, nel corso di una catechesi per la GMG di Madrid, raccomanda di considerare che «il male vuole inquinare la terra convincendo l’uomo che è lui stesso il criterio della distinzione del bene e del male. Ecco il relativismo per il quale ogni idea, scelta, azione, sono relativi, devono aver valore per l’individuo e basta. Ma se tutto è relativo, c’è qualcosa per cui vale la pena di vivere e di morire?».
Infine tutta la profonda devozione di Bagnasco per la Vergine Madre traspare chiaramente da tale insegnamento: «La Madonna tutto vede e raccoglie nel suo cuore di madre: illumina i dubbi dell’anima, cura le ferite della vita, fortifica nelle prove, conferma le gioie e alimenta le speranze, suggerisce buoni propositi. Soprattutto indirizza a Gesù, Figlio suo e fratello nostro, e invita, come a Cana, a fare ciò che Egli dice». Meditando sul mistero di Maria ai piedi della Croce, egli rileva ancora che «guardando Lei, madre addolorata e pietosa, che guarda al Figlio, anche noi siamo invitati a guardare Gesù: da Lei a Lui, e da Lui a Lei. Oh potessimo mai staccare lo sguardo da questo continuo rimando che purifica l’anima e riscalda il cuore, così da poter riprendere i nostri sentieri come l’avamposto di una umanità nuova. Se affiliamo gli occhi, in quell’intreccio intimo e profondo tra la Madre e il Figlio, vediamo elevarsi lente e solenni le mani di Cristo. Le tiene stese sul mondo, su di noi: ed è questa la ragione perenne della gioia cristiana».
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana