Il libro di Brunori si legge come un romanzo
“Una vocazione al servizio di Dio e alla sua Chiesa, dall’infanzia nella Baviera cattolica fino alla quiete spirituale nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano”. Questo il filo rosso della poderosa, ma piacevole e scorrevole biografia di Joseph Ratzinger scritta da Giovan Battista Brunori, vaticanista del Tg2: Benedetto XVI. Fede e profezia del primo Papa emerito della storia (Edizioni Paoline 2017, pp. 447, € 28). È un libro che si legge “con facilità e con frutto. Ci aiuta a ricordare il cammino di una lunga vita di fede, di pensiero profondo, di testimonianza cristiana, di fedelissimo amore alla Chiesa e di servizio sempre più ampio, ai fedeli e all’umanità”. Con queste parole padre Federico Lombardi, già direttore della Sala Stampa Vaticana, esprime il proprio apprezzamento dell’opera nella sua prefazione al testo.
Papa Benedetto XVI è considerato un ‘alfiere della tradizione’, eppure ha concluso il suo ministero petrino con un gesto di una modernità assoluta, quello della rinuncia al pontificato. Promotore di ‘una restaurazione innovativa’, come l’ha definita lo storico Regoli, Ratzinger non è stato soltanto ammirato – il suo Introduzione al cristianesimo è stato infatti un best seller a livello internazionale – ma purtroppo anche “temuto, osteggiato, diffamato, travisato, non capito”.
Prendendo le mosse dalla sua autobiografia, Brunori raccoglie le testimonianze di chi lo ha conosciuto, valorizza il racconto della sua famiglia che ne fa il fratello Georg, ma soprattutto attinge a piene mani al tesoro dei suoi scritti, delle encicliche, delle omelie e delle catechesi in cui rifulge la profondità intellettuale del grande e appassionato teologo. Certamente il pontefice tedesco è stato – come osserva acutamente il vaticanista – “un papa del pensiero più che del gesto, più un papa professore che un papa di governo. Un uomo che sa di non essere un papa ‘carismatico’ abile nel calcare le scene come il suo predecessore, ma che sa di poter smuovere il pensiero e il cuore degli interlocutori con la profondità del suo pensiero, la sua fede cristallina, i discorsi densi di spiritualità che propongono idee e valori che si diffondono con la forza della ragionevolezza, senza arroganza né timidezza”. Enfant prodige della teologia, “bollato in gioventù da qualcuno come ‘modernista’, considerato al Concilio un progressista, è divenuto per alcuni il Panzer-kardinal quando ha assunto la carica di prefetto dell’ex Sant’Uffizio. Eppure lui è rimasto sempre lo stesso: ‘Sono gli altri a essere cambiati’, dirà un giorno”. Amante della sua Baviera, appassionato di musica e arte, cultore della bellezza e dello splendore della verità, Benedetto XVI ha fatto della liturgia la fonte perenne cui attingere forza per esercitare il proprio ministero petrino. “La liturgia della Chiesa è stata per me, fin dalla mia infanzia, l’attività centrale della mia vita, ed è diventata anche il centro del mio lavoro teologico”, ha raccontato. Ecco perché opportunamente la Fondazione Ratzinger ha scelto di pubblicare gli scritti liturgici di Benedetto XVI come primo volume della sua Opera omnia.
Egli era consapevole che una peculiarità della propria “missione” fosse proprio lo scrivere. Perciò, nonostante i suoi ventiquattro viaggi internazionali intrapresi anche per incontrare capi di Stato, rappresentanti delle altre confessioni religiose, giovani e fedeli di ogni parte del mondo, Ratzinger ha sempre considerato la scrittura il suo ‘riposo’. Vennero così alla luce le encicliche sulla carità, la speranza e la fede (pubblicata poi ‘a quattro mani’ con Papa Francesco), ma soprattutto i tre splendidi volumi su Gesù, frutto dell’appassionata e personale ricerca del volto del Padre di Benedetto XVI ed espressione di una ‘teologia in ginocchio’ tanto apprezzata anche dal suo successore.
“Ratzinger è un uomo mite, molto timido, ma quando serve è duro e deciso, non si lascia condizionare, agisce sempre in piena autonomia”. Il dossier su padre Maciel, il fondatore dei ‘Legionari di Cristo’, la lotta alla pedofilia, la denuncia del carrierismo e della ‘sporcizia’ nella Chiesa, la riforma dello Ior costituiscono alcuni segnali precisi di tale determinazione. L’unico suo limite è stato l’aver concesso in diverse occasioni troppo spazio a “una curia nel complesso non all’altezza del pontefice, che frena i suoi slanci e indebolisce la sua azione di governo”. Come rileva Brunori a più riprese, è questa una delle ragioni del fraintendimento di alcune affermazioni e scelte del pontefice che furono intenzionalmente travisate e manipolate anche sul piano mediatico e culminarono nella fuga ad extra di documenti coperti da segreto. Eppure con la consueta mitezza che lo contraddistingue, Papa Benedetto non arretrò dinanzi ai numerosi scandali, anzi assunse su di sé le critiche e gli insulti, mentre confermava la fiducia ai suoi collaboratori, pronti invece a tradirlo senza scrupoli. Così, mentre le forze per governare la barca di Pietro gli venivano meno, egli “ha avuto il coraggio di mostrarsi debole ma proprio questo ha esaltato la forza del suo messaggio: il ‘pensiero forte’ di un timido ‘papa professore’, che ha insegnato al mondo – con la parola, la preghiera, i suoi talenti di raffinato intellettuale europeo – che il papato è un servizio, non un potere”. Per questo motivo, come ha rivelato a Peter Seewald nel libro intervista Ultime conversazioni, Benedetto non è stato la fine né l’inizio del nuovo, bensì entrambi.
Auguri di cuore, buon 90esimo compleanno, Papa Benedetto!