Guardare al proprio corpo e a quello della persona amata con occhi limpidi e sguardo puro per riscoprire la bellezza della sessualità come dono. Non è un saggio ma la condivisione di una profonda esperienza personale quella che Cecilia Galatolo racconta nel suo recente volume Casti alla meta. 50 sfumature dell’amore vero (Mimep-Docete 2020, pp. 141). L’autrice è una donna marchigiana, sposata, madre di due bambini e autrice in particolare di alcuni romanzi sulle vite di Santa Gianna Beretta Molla e del beato Carlo Acutis.
«Sei prezioso, unico, irripetibile, non esiste nessuno come te! Sei libero, creativo e puoi rendere il mondo un posto migliore. Butteresti in un pozzo un diamante?». Di qui l’invito dell’autrice a custodire gelosamente e integralmente se stessi, corpo e spirito, fisicità e interiorità. Un appello per niente scontato se si considerano le raccomandazioni in voga tra i più giovani, per cui «ti avran detto che “il corpo è tuo” e puoi farci quello che vuoi; “l’importante è che lo fai con la testa, usando le giuste precauzioni”; “sesso libero, ma sicuro”». In questo modo «puoi unirti a tanti e, in fondo, a nessuno; puoi decidere di ‘giocare’, di cercare esclusivamente il tuo piacere e soddisfare quello di un altro. Oppure guardarti allo specchio e dirti: “No, io valgo più di così”».
La Galatolo confessa apertamente di aver creduto in passato «che la castità significasse ‘privazione’. Pensavo fosse sinonimo di ‘castrarsi’; ora invece penso sia come il fuoco, che brucia i rovi, ma fa brillare l’oro». L’autrice racconta come i propri genitori si siano sforzati di trasmetterle il valore della purezza, di imparare ad attendere l’uomo cui donarsi totalmente; ricorda la scelta avventata di cedere inizialmente alla logica dei rapporti prematrimoniali per poi fare un passo indietro e accogliere con consapevolezza nuova le ‘buone ragioni’ degli insegnamenti dei genitori.
Nel suo racconto trova spazio anche la scelta coraggiosa di un fidanzamento casto condivisa con Marco, divenuto poi suo marito. Grazie a lui Cecila scopre in pratica quanto aveva appreso solo in teoria dalla testimonianza di una giovane coppia di sposi cristiani, che cioè castità significa «Voglio fare sul serio con te», perché «quando fai l’amore, con il tuo corpo stai dicendo Sono tuo e sarò tuo per sempre, ma se affermi questo prima di aver accolto per la vita quell’uomo o quella donna, ciò che dici col corpo è una menzogna».
Oggi invece tra i millennials si è convinti che sia necessario testare preventivamente la ‘sintonia’ sotto le lenzuola. Eppure «il sesso è un linguaggio, una via per manifestare l’amore che c’è. Non è il fine, è il mezzo», perché l’altro non sia considerato un ‘partner sessuale’. Esso è «un modo per esprimere amore, ma non è l’amore». In tale prospettiva, anche per una coppia di sposi, vivere in castità non è sinonimo di astinenza, ma di «vivere la sessualità come dono sincero di sé e non mera ricerca di un piacere limitato ed egoistico», perché «l’altro non è un oggetto da usare».
La castità è un dono utile perché «ti fa vedere la ‘solitudine’ come un tempo prezioso per conoscerti», perché per amare bisogna innanzitutto esser capaci di amarsi, «aiutandoti a dare valore a te stesso e agli altri», nella consapevolezza che gli altri non sono ‘funzionali’ a sè; «ti fa crescere nella gratuità e nella capacità di dono», e dunque aiuta a costruire legami veri, lontani dalle logiche utilitaristiche e del possesso; aiuta a riscoprire la bellezza della tenerezza e «permette di vivere in modo ancora più intenso l’atto sessuale con tua moglie/marito» per poter essere un modello positivo per i figli. «Ti incoraggia nella ricerca della tua vocazione, preparandoti a viverla», e così, « aiutandoti a guardare gli altri come Lui li vede, ti avvicinerai più a Dio».
«La castità nel fidanzamento – prosegue l’autrice – aiuta a mettere al centro la relazione personale, stimola a parlare, a conoscersi in profondità, insegnando il valore dell’attesa; contribuisce a creare un’intimità anche mediante il dialogo, preservando la passione vera», laddove il sesso «crea un’intimità fittizia, l’illusione di un’intimità che nel cuore non c’è». Tra l’altro tale scelta se da un lato «rende anche meno difficile il distacco se si sceglie di prendere strade diverse», dall’altro «fa crescere il desiderio se l’amore è vero».
La castità aiuta in sostanza a vedere l’altro come un ‘bene in se stesso’, e non un ‘bene per te’, rafforzando autocontrollo, spirito di sacrificio e forza di volontà e, in questo modo, tempra la coppia preparandola ad affrontare le difficoltà che incontrerà nel matrimonio. Certo occorre anche chiedere a Dio con fede, umiltà e perseveranza la grazia di custodirsi e custodire l’altro nella purezza.
Attingendo all’esperienza personale, l’autrice sottolinea la fortezza del futuro marito durante il fidanzamento: «La fermezza con cui ha portato avanti il proposito della castità, nonostante fosse difficile, mi ha svelato in gran parte la sua fortezza, la sua capacità di dare la vita prima di cercare la sua soddisfazione».
Il libro raccoglie anche diverse testimonianze di giovani coppie di Cuori Puri, un’associazione nata a Medjugorie da un’iniziativa di Padre Renzo Gobbi e di Ania Goledzinowska, ex modella convertita, e offre molti preziosi suggerimenti per educare al valore di questa fondamentale virtù. Insomma, per dirla con una di queste, che sia nel fidanzamento o nel matrimonio, la castità è la via maestra che conduce alla vera libertà d’amare perché fa «vivere tutto come dono».
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana