«Poi Dio fece una pausa e pensò dove fare il suo presepe. Decise per Betlemme. Immaginò le statuine: il bue, l’asino, le lavandaie, i pastori…E poiché non aveva fretta, diede a ciascuno di loro una stirpe: genitori, nonni, bisnonni…Centinaia di vite per creare ogni vita; centinaia di storie d’amore per ottenere il gesto, il tono di voce, la mano tesa nella posizione voluta per ognuno dei personaggi del presepe di Dio. Pensò a sua Madre: la sognò da tutta l’eternità. E con il desiderio delle sue carezze, iniziò ad abbozzare negli avi di Maria i tratti di quel fiore che a suo tempo doveva sbocciare».
Si apre così il bel racconto di padre Enrique Monasterio E Dio fece il presepe (Ares 2020, pp. 188), che custodisce la magia autentica del Natale. E in effetti, precisa l’autore, «Natale non è un anniversario, né un ricordo. Non è neanche un sentimento. È il giorno in cui Dio fa un presepe in ogni anima. A noi chiede soltanto di riservargli un angolo pulito; di lavarci le orecchie per ascoltare i canti di Natale degli angeli; di toglierci di dosso la sporcizia che si è accumulata». Si tratta di una palese allusione all’esigenza di vivere con fede il sacramento della Riconciliazione proprio per poter celebrare nella gioia il mistero della nascita del nostro Salvatore.
In un dialogo immaginario tra la creatura e il suo Creatore, è il Padre che si rivolge all’uomo con queste parole: «Ti concedo, inoltre, il dono che finora ho fatto solo agli angeli. Sarai capace di amare e di ricevere amore. Nel donare il tuo corpo donerai anche l’anima e tutto il tuo essere, come io stesso faccio. Potrai unirti alla tua sposa – come lei a te – con un amore fedele e fecondo. E quando dirai ‘per sempre’, sarà davvero così: amando sarai eterno, come lo sono io».
Protagonista del racconto è Oriente, una stella cometa, in verità nemmeno la più fulgida del firmamento, e c’è spazio per i diversi pastori del presepe, personaggi comuni e straordinari nelle loro fattezze: Maria, definita ‘il sogno di Dio’; Giuseppe, che rimane nell’ombra; gli arcangeli; la lavandaia Salomè, dietro la quale si cela il lavoro umile e nascosto di ogni casalinga; il pastore tonto Zabulone e l’albergatore Gioacchino che da un lato trova un po’ di spazio in una stalla per la Santa Famiglia, dall’altro chiede umilmente a Gesù di scacciare dalla sua anima eventuali ospiti indesiderati. Tra gli animali c’è l’asino Moreno cavalcato dall’arcangelo Raffaele, patrono dei viaggiatori, il quale gli si presenta così: «Ti conosco perché io ti ho disegnato migliaia di secoli fa, in Cielo, quando Dio ci spiegò che aveva bisogno di un trono per suo figlio e di una utilitaria per la sua famiglia della terra». Un asino docile, «di cui alcuni dicono che il Signore ha messo qui per riscaldare il Bambino con il mio fiato. Non è così: a Gesù basta il calore delle braccia di Maria. Io sono solo il trono del re e il primo giocattolo di un neonato, che ha già imparato a tirarmi le orecchie».
Nel presepe immaginato da Monasterio ci sono anche alcune statuine storte, che non si lasciano modellare dal Signore, tra cui Erode; e alcune rotte, a causa della efferata strage degli innocenti voluta da quest’ultimo, per la quale «il presepe di Dio si macchierà di sangue. Vedrai presto delle statuine in pezzi, moriranno prima di aprire gli occhi. Sono i più innocenti e Dio li ha creati per la vita». Si tratta di una realtà profetica ancora oggi purtroppo tragicamente visibile nei milioni d’aborti nel mondo.
Ogni personaggio ha qualcosa da insegnare, una storia da raccontare e testimoniare con la propria vita, una missione da compiere fino al conseguimento della pienezza di vita in paradiso. Infatti Maria custodisce in cielo sotto il suo manto ciascun personaggio del presepe fatto da Dio: «il pastorello tonto con le sue vesti accademiche; Salomè, ‘l’ancella dell’Ancella del Signore’ (come si chiama ora), incoronata come la sua Padrona; Simeone, con gli occhi pieni di lacrime e di stelle; l’asinello Moreno che aveva imparato a ragliare sinfonie e si accingeva a canticchiare la Nona di Beethoven; Gioacchino, il padrone della locanda che porta sempre il suo fanale in mano; i Magi con i loro cammelli e il rumoroso corteo degli innocenti che il povero Erode aveva mandato in Paradiso troppo presto».
Nel suo nuovo avvento sulla terra «Dio Padre avrebbe preso dimora in mezzo a noi, non come a Betlemme, nascosto in fasce, fuggendo dai suoi nemici, ma come Re: nei soggiorni delle nostre case, nelle strade delle nuove città, nel lavoro gioioso delle botteghe, tra i libri degli intellettuali, nel clamore degli stadi».
E Oriente? Quale privilegio otterrà la cometa destinataria dei primi sorrisi del Bambino Gesù? Per scoprirlo bisogna leggere fino alla fine questo racconto significativo e poetico disponibile persino in giapponese di don Enrique Monasterio il quale, nel solco del carisma di San Josemaría Escrivà, ha compreso «davanti al presepe che si prega anche guardando, con l’immaginazione, con la fantasia, persino con i sogni».
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana