«Se avessi saputo prima che sarebbe stato eletto Papa avrei cercato di conservare più materiale, in particolare tanti interventi sicuramente significativi», afferma monsignor Francesco Taffarel, segretario di Albino Luciani quand’egli era vescovo di Vittorio Veneto.
Tra le ‘sudate carte’ del monsignore si ritrovano anche appunti preziosi di omelie del futuro papa Giovanni Paolo I, e dunque testi inediti, ora raccolti in Giocare con Dio (Ares 2022, pp. 239), un’antologia di scritti di curata da Nicola Scopelliti, firma nota ai lettori de La Nuova Bussola Quotidiana. Il volume prende il titolo da un episodio raccontato da Luciani, che vede protagonista un santo gioioso, il quale si rivolge così a un bambino: «Se tu riesci a giocare con Dio, farai la cosa più bella che si possa fare. Tutti prendono Dio talmente sul serio da renderlo perfino noioso. Gioca con Dio… è un compagno di gioco incomparabile». Di qui traspare lo ‘spirito da bambino’ di Giovanni Paolo I che vive il proprio ministero con allegria e fiducia nell’abbraccio di Dio, il quale è prima di tutto un Padre buono.
«Niente è peggio che fare le cose a metà: essere buoni a metà, studiare a metà, pulirsi a metà! Pensate quanto sarebbe piacevole se la moglie sapesse cucinare la carne solamente in questi tre modi: mezza cruda, mezza cotta e mezza bruciata», afferma durante un’omelia il futuro pontefice sull’importanza di compiere bene le proprie azioni quotidiane.
Relativamente alla necessità di fare il bene, Luciani racconta che «un uomo cristiano era preoccupato di osservare la legge di Dio e di non fare peccati. Diceva: “Voglio andare a letto ogni sera con la coscienza pulita, per presentarmi sereno e sicuro davanti a Dio”». Una volta morto costui si rivolge a Dio con queste parole: «“Signore, guarda le mie mani: esse sono pulite!” – “Saran pulite, ma sono completamente vuote!”, la replica del Padre, a testimonianza del fatto che «non basta non fare il male, ma bisogna fare il bene, come dice la parabola dei talenti».
Pastore umile, Luciani utilizza uno stile semplice e concreto, attingendo dalla tradizione racconti e aneddoti significativi anche dalle vite dei santi, in particolare quelle di don Bosco e Filippo Neri, per nutrire l’anima dei fedeli. Di qui racconta che alla bottega ‘Doni di Dio’ c’è un angelo dietro il bancone a servire i diversi clienti. A un bambino che ne aveva richiesti tanti, l’angelo risponde: «Mio caro bambino, nella bottega di Dio non si vendono frutti maturi, ma soltanto piccoli semi da coltivare! Poi viene il raccolto!». In un’altra occasione Luciani riprende l’incontro di Francesco di Sales con un ragazzo che trasportava un secchio d’acqua con un pezzo di legno all’interno per non far cadere l’acqua. Da tale incontro il vescovo ginevrino traeva quest’insegnamento: «Sulle onde dei tuoi dubbi e dolori, o uomo, metti la croce di Cristo. Essa ti darà tranquillità e non perderai la pazienza nel tuo soffrire». O ancora un simpatico aneddoto che rivela l’ironia del padre dei salesiani: «In una casa di signori molto ricchi venne portata a Don Bosco una tazza di caffè, nella quale, per sbaglio, avevano messo del sale inglese invece dello zucchero. Don Bosco sorbì piano piano il caffè, poi alla fine disse: “Cercavo il dulcis in fundo (il dolce dopo l’amaro) ma non lo trovo!”».
Sull’amore di sé Luciani si domanda «perché usiamo due misure diverse per noi e per gli altri? Perché il nostro amor proprio e orgoglio ci privilegia e ci scusa sempre». Perciò egli ricorda che bisogna anche imparare a saper ridere di se stessi «perché nessuno è importante come crede di esserlo!». Bisogna poi imparare ad amare: «Ama, anche se il tuo amore è amaro, perché più amaro di un amore amaro è l’amarezza di non saper amare».
«Non cade mai in disgrazia chi si affida alla grazia!», ripete invece in un’altra circostanza invitando il peccatore a non scoraggiarsi. D’altra parte «è meglio quello che Dio manda, che quello che l’uomo gli domanda!».
Prendendo spunto da una pagina de Il piccolo principe, Luciani si sofferma anche sull’importanza di vivere santamente del tempo che ci è dato, per cui «saper gioire del tempo e non esserne schiavi, saper godere del tempo in pienezza, saper comprendere e amare il tempo senza dissiparlo o esserne travolti: questo è un grande impegno di vita». D’altra parte «la felicità e l’infelicità stanno nel modo con cui si accettano i fatti della vita, imparando a esser contenti di quello che posso avere».
Sulla necessità di coerenza tra fede e vita quotidiana, Luciani afferma che «certi cristiani pensano che la religione sia come una giacchetta che si mette alla domenica per andare in chiesa e che poi, tornati a casa, la si può togliere e fare tutto diversamente».
Per far comprendere ai giovani il valore della preghiera papa Giovanni Paolo parla di un telefono senza fili, anzi con «filo diretto con Dio. Si dice: “Signore, pronto: sono Beppino… ti chiamo per dirti che ti voglio bene, che mi ricordo di te, che ho bisogno di un po’ di aiuto, di bontà, di buona volontà, di amore, di essere più obbediente, di fare la pace con i compagni”. Telefonare a Dio è pregare, è farsi vivi con Lui, è mettersi in comunicazione con Lui, anche con la Madonna e con i santi!». Agli stessi ricorda che «la Confessione è il quaderno nuovo che Dio ci regala. Egli ci dice: “Dammi qua il tuo vecchio quaderno, pieno di macchie, di peccati; prendi questo quaderno nuovo; te lo regalo! Incomincia da capo! Mettiti di buona volontà e scrivi bene”».
Relativamente alla sequela di Cristo, riprendendo l’immagine della nave, insegna che «chi ama Dio bisogna che si imbarchi sulla nave di Dio, deciso ad accettare la rotta segnata dai suoi comandamenti, dalle direttive di chi Lo rappresenta e dalle situazioni e circostanze di vita da Lui permesse». Occorre dunque far propria l’espressione di san Luigi IX: “Non mi preoccupo di sapere dove vada; mi preme soltanto di andar con Lui”». Insomma «davanti a Dio bisogna essere come bambini», lasciandosi custodire ogni istante dal Suo amore.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana