“Il mondo intero, o Signore, ha sete del giorno della tua nascita; questo giorno beato racchiude in sé i secoli futuri; esso è uno e molteplice. Sia dunque anche quest’anno simile a te, e porti la pace fra il cielo e la terra”. Esprime così il desiderio del Natale del Signore Efrem il Siro, un poeta del IV secolo. “Gesù posto nella mangiatoia è il cibo dei giumenti che siamo noi”, scrive invece il cantore del desiderio di Dio Sant’Agostino, che conclude un suo discorso sull’Incarnazione del Verbo ricordandone il significato profondo: “Voi siete il prezzo dell’incarnazione del Signore”. Soffermandosi sul paradosso di un Dio uomo anche Sant’Ambrogio evidenzia con grande lirismo che Gesù Bambino “volle farsi pargolo, volle farsi bimbo, perché tu possa divenire uomo perfetto; fu avvolto in pochi panni perché tu venissi sciolto dai lacci di morte; giacque nella mangiatoia per collocare te sugli altari; scese in terra per elevare te alle stelle; non trovò posto in quell’albergo perché tu potessi avere il tuo nella patria celeste. Da ricco che era, si fece povero per voi – dice l’apostolo – perché per la sua povertà voi diventaste ricchi. Quella povertà è dunque la mia ricchezza, la debolezza del Signore è la mia forza. Volle per sé ristrettezze e per noi tutti l’abbondanza”.
Sono queste alcune delle meditazioni più significative e poetiche dei Padri, di santi, mistici e Dottori della Chiesa sul mistero mirabile dell’Incarnazione del Verbo raccolte dal noto angelologo Marcello Stanzione nel volume Il Natale nella vita e negli scritti di mistici e santi (Mimep-docete). “Che ogni nuovo Natale ci trovi sempre più simili a colui che, in questo tempo, è divenuto un bambino per amor nostro – scrive John Henry Newman – che si convertì dall’anglicanesimo al cattolicesimo nel desiderio di “riaffermare la centralità e la realtà dell’Incarnazione per ricordare all’essere umano la sua dignità, all’uomo insidiato dall’idolatria e dalle ideologie materialistiche, positivistiche e immanentistiche”. A meditare sul mistero del Verbo fatto carne non sono infatti soltanto i Padri della Chiesa, ma ne hanno contemplato e cantato la bellezza anche numerosi santi e mistici del nostro tempo. Tra costoro vi è Luisa Piccarreta (1865-1947), una mistica che si nutrì per molti anni soltanto dell’Eucarestia, la quale in una delle sue visioni della Natività racconta di un tripudio di luce nella grotta di Betlemme: “Chi può dire la bellezza del Bambinello che in quei felici momenti spargeva anche esternamente i raggi della Divinità? Chi può dire la bellezza della Madre che restava tutta assopita in quei raggi divini? E S. Giuseppe mi pareva che non fosse presente nell’atto del parto, ma se ne stava in un altro canto della spelonca tutto assorto in quel profondo Mistero e se non vide con gli occhi del corpo, vide benissimo cogli occhi dell’anima, perché se ne stava rapito in estasi sublime”.
Un invito alla gioia viene invece dalle parole del sacerdote santo Guido Maria Conforti (1865-1931): “Oh! Si rallegrino pure gli uomini nel Signore come la terra si rallegra ogni mattina quando sorge il sole a liberarla dalle tenebre. Il Natale è la grande aurora della nostra liberazione”. Ne era consapevole già a 8 anni il giovane Giuseppe Moscati, il medico santo, che in una lettera ai suoi genitori così scrive: “Io prego Gesù Bambino, affinché vi conceda quella pace, che egli promise agli uomini di buona volontà ed ogni altro bene in questa vita e nell’altra”. In Avvicinandosi il Natale, una delle poesie più struggenti legate agli ultimi giorni della sua vita, il rosminiano Clemente Rebora invoca per sé un nuovo ‘natale’: “Se ancor quaggiù mi vuoi, un giorno e un giorno, / con la tua Passion che vince il male/ Gesù Signore, dammi il Tuo Natale / di fuoco interno nell’umano gelo”.
Una figlia spirituale di Padre Pio, Lucia Iadanza, racconta di aver assistito a una delle diverse volte in cui Gesù Bambino veniva a visitare il santo frate: “Vidi apparire tra le sue braccia Gesù Bambino. Il volto del Padre era trasfigurato, i suoi occhi guardavano quella figura di luce con le labbra aperte in un sorriso stupito e felice”. Il frate di Pietrelcina desiderava augurare anche ai fedeli tale esperienza del Verbo: “Il celeste Bambino faccia sentire anche al vostro cuore tutte quelle sante emozioni che de’ sentire a me nella beata notte, allorché venne deposto nella povera capannuccia”. In un suo pensiero sul mistero del Natale un altro santo del nostro tempo, il fondatore dell’Opus Dei, José Maria Escrivà de Balaguer, invita caldamente così ciascun figlio di Dio: “Spingiti fino a Betlemme, avvicinati al Bambino, cullalo, digli tante cose ardenti, stringitelo al cuore. Non parlo di bambinate: parlo di amore! E l’amore si manifesta con i fatti: nell’intimità della tua anima, lo puoi ben abbracciare!”. Sia questo l’augurio più bello per ogni persona che attende con fiduciosa speranza ed esultanza un altro Natale del Signore nella propria vita.
Fonte: LaNuovaBussolaQuotidiana