Considerare mediante la ragione e contemplare con amore l’esistenza di Dio, la sua Provvidenza e le sue perfezioni – come bontà, semplicità, infinità, sapienza e misericordia – costituisce un proficuo nutrimento spirituale che orienta l’esistenza umana alla felicità nella prospettiva dell’eternità beata. È quanto sostiene il padre domenicanoGarrigou-Lagrange nel saggio Fiducia e abbandono in Dio (ESD 2023, pp. 352), alla luce della stretta e profonda correlazione che individua tra verità di ragione relative al Creatore, di fede e vita spirituale nel solco del pensiero di san Tommaso d’Aquino.
Nessuno esiste per se stesso se non l’Essere sussistente; ogni movimento esige infatti un motore, il quale è unico, eterno «perché ha per sé e da sempre tutto il suo essere e tutta la sua azione di pensiero e amore senza alcun cambiamento», e onnipresente, anche «perché tutti gli esseri non si muovono se non per lui». Di qui l’invito di Garrigou-Lagrange ad assaporare «l’immobilità della contemplazione e dell’amore di Dio» e nel contempo a ricevere «l’influsso di Dio, che mette in esercizio la nostra attività, stando a Lui docili fin dal principio della giornata».
Allo stesso modo – sulla scia degli insegnamenti di Platone e Aristotele, sant’Agostino e san Tommaso – si ritieneche «il più e il meno perfetto presuppongono la perfezione stessa», anche perché si predicano secondo gradi differenti rispetto alle realtà esistenti. Sul piano spirituale tale verità si traduce nella consapevolezza che Dio «deve essere amato sopra tutto» e che «la conoscenza vissuta della nostra miseria e quella della grandezza di Dio crescono insieme», per dirla con santa Caterina da Siena. A quanto conseguito razionalmente già da alcuni filosofi pagani la Rivelazione aggiunge però il mistero di una «Verità suprema che si piega verso di noi per elevarci fino ad essa; che si degna di farsi sentire a noi come la vita della nostra vita». D’altra parte «la perfezione della vita della grazia è una partecipazione reale e vivente di questa vita intima di Dio».
Anche dal riconoscimento degli altri attributi divini è possibile trarre significativi insegnamenti spirituali. Oltre a ricordare che siamo fatti per l’infinito, l’infinità del Creatore suggerisce che «ogni volta che noi sentiamo il limite o la pochezza dei beni passeggeri, dobbiamo ringraziare Dio, perché è un’occasione e una necessità a volte urgente di pensare all’infinita ricchezza, all’infinita pienezza di verità e di bontà che è in Lui», rileva il frate domenicano. L’eternità del Padre ribadisce invece all’uomo la straordinaria grazia di esser chiamati a conoscere e amare in maniera perfetta e «tutta a un tempo» Dio e i fratelli. Allo stesso modo la partecipazione alla Sapienza del Padre, osserva acutamente Garrigou-Lagrange, consente «a san Domenico o san Francesco di vedere in Dio i destini del loro Ordine, e a una madre cristiana giunta in cielo di vedere in Dio i bisogni spirituali del suo figlio ancora sopra la terra e la preghiera che deve fare per lui». E ancora, la partecipazione al Suo amore «purificandoci ogni giorno di più ci otterrà di trionfare della morte stessa e nella gloria ci fisserà per sempre in un amore soprannaturale di Dio che nulla potrà più farci perdere e che nulla potrà diminuire».
Osservando il sole, i moti della terra, la vita e il funzionamento degli organismi vegetali e animali – basti ricordare la capacità delle api di costruire un alveare – si può facilmente constatare che «negli esseri privi d’intelligenza ci sono mezzi mirabilmente ordinati a fini». Da tale evidenza si deduce che tutto ciò che esiste è creato da un’intelligenza ordinatrice, perché «solo l’intelligenza conosce le ragioni d’essere delle cose, e perciò il fine che è la ragion d’essere dei mezzi. Solo un’intelligenza può vedere che le ali dell’uccello sono fatte per il volo», per citare un esempio. Pertanto il bene che si trova nelle cose non è legato semplicemente alla loro sostanza, ma anche «al loro ordinamento verso il fine, soprattutto verso il fine ultimo».
L’ordinamento di tutta la realtà al suo fine ultimo è proprio la Provvidenza divina, alla cui trattazione l’autore dedica ampio spazio nel suo volume. C’è dunque «un ordine nella condotta della Provvidenza nei confronti dei giusti, anche quando sono terribilmente provati. Se non che questa è una cosa misteriosa e nascosta, che non è dato agli uomini di vedere quaggiù». Dio è in sostanza un Padre buono che sempre provvede al bene dei suoi figli, per quanto l’uomo spesso non riesca a coglierne il disegno d’amore. Talvolta infatti il Padre mette alla prova la sua creatura «come Giobbe, perché porti i grandi frutti della pazienza, dell’umiltà, dell’abbandono e dell’amore di Dio e del prossimo, i grandi frutti della carità, che è la vita eterna già iniziata. Questa è la grande lezione morale che deriva da questa bella prova dell’esistenza di Dio: se c’è un ordine mirabile nel mondo sensibile, quanto più nel mondo morale e spirituale, nonostante le prove e le tribolazioni: c’è abbastanza luce per quelli che vogliono vedere e camminare così verso la vera luce dell’eternità». A un bene superiore è pertanto ordinato tutto quanto avviene, compresi i nostri atti liberi futuri e ogni prova, sofferenza e avversità. L’abbandono alla volontà della Provvidenza è allora un «esercizio eminente delle tre virtù teologali», nel quale la fede nella bontà del Padre si coniuga con «una delle forme più belle della speranza unita alla carità». In tale prospettiva anche la preghiera coopera al governo divino, nella misura in cui «pregando, noi ci mettiamo a volere nel tempo quello che Dio vuole per noi da tutta l’eternità», a partire dal «dovere del tempo presente e dalla fedeltà nelle piccole cose».
Il tema della Provvidenza e il conseguente abbandono fiducioso dell’uomo alla volontà del Padre è illuminato da Garrigou-Lagrange in tutti i suoi aspetti, compreso il legame con la giustizia e la misericordia divina. Egli coniuga sapientemente con profonda intelligenza della fede e in maniera chiara e ordinata i riferimenti costanti alla Parola di Dio, ai Padri, ai Dottori della Chiesa, ai santi con preziosi suggerimenti concreti affinché la vita spirituale del cristiano sia più autentica e feconda.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana