«Solo dare la vita a qualcuno di diverso da noi ci insegna ad amare, ci richiede di spaccarci, ci fa perdere i pezzi, tira fuori una bellezza che chi non dà la vita non scopre mai di avere. Il matrimonio ci salva da noi stessi, ci fa camminare, ci permette di amare, che è diverso dall’essere innamorati». Così scrive Costanza Miriano nella sua ultima fatica Benedetto il giorno che abbiamo sbagliato (Sonzogno 2024, pp. 160), un prontuario di «manutenzione del matrimonio» come recita il sottotitolo, affinché la coppia rimanga unita nella fatica e, nonostante le diversità connaturali tra uomo e donna e le difficoltà della vita quotidiana, resti salda nell’Amore per vivere la vita in pienezza.
Certo «il matrimonio è un combattimento», ma nel contempo è «la nostra unica, irripetibile, preziosa possibilità personale di trasformarci», perché «il matrimonio ci salva, ci aiuta a far nascere l’uomo nuovo e a far morire quello vecchio».In una simile prospettiva allora anche «la fatica non è mai un’obiezione, ma anzi è un richiamo, una nostalgia di pienezza, una nostalgia preziosa per ricordarci di mettere il cuore nella posizione giusta, orientato verso l’unico che lo sana, lo sazia, lo consola». Quando l’altro assume atteggiamenti e comportamenti «che sicuramente ti fanno andare fuori di testa», si sperimenta che la famiglia è anche «l’unico laboratorio per provare la potenza trasformante della croce». D’altra parte «in famiglia si impara a condividere tutto, si tolgono le maschere, la vicinanza ci sbatte in faccia i nostri difetti» e nello stesso tempo «l’Onnipotente lavora per la nostra felicità più di quanto facciamo noi».
«Sostituisci la Parola a quello che faresti tu» è allora una prima indicazione preziosa, perché è necessario «ancorare il nostro cuore alla Verità» per non dar retta «ai pensieri dell’accusatore» che sfociano in parole giudicanti volte a screditare l’altro, «a nascondere tutto il bene e vedere solo i difetti», e imparare a incassare il colpo senza aver la pretesa di dover dire sempre l’ultima parola su tutto e tutti, così da favorire la costruzione del ‘noi’.
Si tratta in concreto di vigilare su pensieri e parole per custodire il cuore e impedire allo spontaneismo il primato nell’agire; di evitare la lamentela facile, perché ci sono invece in ogni giornata sempre tanti buoni motivi per ringraziare il Padre; di avere «cautela negli sfoghi» poiché – osserva acutamente la Miriano – «le parole cambiano il clima del cuore: alimentano il nostro sentire e ci fanno abbandonare alla corrente». Alle donne suggerisce di imparare «a smettere di tentare di controllare l’uomo, di misurare ciò che fa o non fa per noi; a togliere la pretesa dal nostro sguardo e dalle parole»; a frenare i moniti del tipo: “Te l’avevo detto!”. È poi fondamentale smettere di credere alla menzogna dell’amore romantico, come se l’amore avesse esigenza di impedimenti all’infinito per poter perdurare, e riconoscere che l’amore è anzitutto una scelta che può comportare sì una fatica, ma un’aridità che bisogna benedire ricordando «che l’altro nella coppia è il segnaposto del Totalmente altro, la nostra via per Dio», per cui «non puoi arrivare al cielo se non passando da tuo marito o da tua moglie».
Allo stesso tempo occorre tener presente la diversità, pur nella complementarietà, tra uomo e donna: l’uomo vuole essere stimato, e dunque non disapprovato e sentirsi dire che sa fare bene una cosa perché «fare le cose è il suo modo di amare», mentre la donna vuole essere guardata, ascoltata e amata e sentirsi ripetere che è bella. «L’uomo parla per comunicare fatti; la donna per chiedere o offrire condivisione»; «lui inquadra un problema alla volta, lei li vede tutti insieme; il pensiero maschile è tubolare, procede un oggetto alla volta; la donna è ciclica, si resetta una volta al mese». Di qui «l’uomo vive la critica di lei come mancanza di rispetto, mentre la donna vive la poca vicinanza di lui come mancanza di amore. Ma le intenzioni iniziali dei due sono buone: la donna critica l’uomo perché vuole migliorarlo, e anche perché non si sente amata; l’uomo si allontana per evitare che il conflitto s’ingrandisca, e la donna coglie quest’allontanamento come mancanza di amore». Bisogna perciò che uno dei due spezzi questo circolo vizioso, comprendendo che il vero cambiamento comincia da se stessi. Entrambi poi sono chiamati a «diventare sempre più figli di Dio proprio stando nella differenza con l’altro che il matrimonio fa sperimentare»; imparando a diffidare di sé e della propria bontà e a rimettersi con le loro fragilità dinanzi a Cristo che risana la propria incapacità di amare. In proposito il consiglio diretto è: «Quando qualcosa di tua moglie o di tuo marito ti fa arrabbiare, non prendertela con lei o con lui. Vai a parlare col Signore che te lo ha messo accanto, discuti con Lui».
Rispetto al tradimento non c’è altra via che «rimanere fedeli e ricostruire la comunione», ossia la conversione del cuore. Si tratta in effetti di «decidere se vivere per te stesso, seguendo (quelli che credi siano) i tuoi sentimenti, oppure secondo la vita del battesimo, mettendo una croce sopra i desideri sbagliati». Inoltre «i figli, prima di tutto, sono un’ottima ragione per rimanere insieme». Di contro alla retorica dominante per la quale sarebbe preferibile separarsi pur di non farli assistere alle continue litigate, l’autrice evidenzia come la separazione causi a un figlio, «impastato della carne di entrambi, un dolore che può minare la sua stessa identità». A tal proposito bisognerebbe domandarsi con sincerità: «Se un bambino può crescere anche sopportando il dolore di una separazione, perché tu, adulto, non dovresti poter sopportare il dolore di una (presunta) perdita affettiva? Perché non dovresti rinunciare all’altro uomo o all’altra donna?».
Riguardo alla dimensione dell’intimità, «in un mondo in cui il desiderio per non morire deve essere drogato da stimoli sempre maggiori» e orientato dalla pornografia che è «genitali senza corpo», la Miriano ricorda che il corpo è dono e «veicolo di comunione»; che «catholics do it better» nella misura in cui, mediante una ripresa consapevole dei metodi naturali, «vengono premiati con un’intimità molto più soddisfacente» che cresce anche col maturare della loro relazione d’amore.
Raccontando con sapiente ironia storie liete e dolorose di famiglie senza tralasciare la propria,il manuale della Miriano è davvero ricco di tanti preziosi suggerimenti per custodire la bellezza del matrimonio anche e soprattutto durante le tempeste, nella consapevolezza che «la croce non si può evitare e, finché non ce la prendiamo non diventiamo cristiani». Infatti «chi è sposato tocca Dio attraverso i figli, il marito, la suocera», un Padre che rimane con la potenza del suo Spirito negli sposi in Cristo per portare a compimento e pienezza quell’amore che Egli stesso ha donato loro, perché «la vita eterna si gioca in famiglia».
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana