«Si può rifiutare Dio dopo averlo conosciuto? Oh, sì, Lucifero lo ha fatto. Allora è possibile che in Dio ci sia qualcosa di non amabile? No, certo. Il fatto è che Lucifero amava di più se stesso». Proprio perché si può amare solo ciò che si conosce, per dirla parafrasando Sant’Agostino, risulta particolarmente proficua la lettura del recente volume di Rino Cammilleri, Il cattolicesimo spiegato a mio nipote Nicola che fa il liceo. 2° round (Cantagalli 2021, pp. 360).
Nel libro il Kattolico – firma cara ai lettori de La Nuova Bussola – torna a illustrare contenuti della fede e fatti di storia del cristianesimo in dialogo con suo nipote, per soddisfarne curiosità e desiderio di verità, rispondendo con chiarezza, rigore e solide argomentazioni anche alle domande scomode. Tutto è cominciato quando Nicola, nipote dello scrittore di ‘cose cristiane’, è venuto a chiedere allo zio qualche dritta per polemizzare col suo insegnante di religione.
Relativamente all’amore degli sposi, lo zio ricorda al giovane liceale che «l’amore non è l’euforia iniziale; non viene prima, ma dopo, semmai. Dopo anni e dopo che hai deciso – sottolineai con forza l’ultima parola – di volere bene al tuo coniuge. Volere bene. Volere. È un atto della volontà, non dei ferormoni». E sul celibato dei preti, senza perdersi in disquisizioni teologiche, Cammilleri sottolinea che «un pastore che non si sposa è tutto per il suo gregge, uno con moglie deve dividere il suo tempo e la sua attenzione. E se non andasse d’accordo con la moglie? Con quale autorità potrebbe dare consigli ai penitenti coniugati? E se dovesse dividersi?». D’altra parte, aggiunge ancora nel merito, che «i supporter del matrimonio dei preti sono, curiosamente, gli stessi che sparano a palle incatenate sul ‘nepotismo’ dei papi e dei cardinali nella storia. E vorrebbero riproporlo in scala generale? È chiaro che se tieni famiglia pensi prima a questa e poi al resto».
Sul ‘nepotismo’ dei papi che pensavano prima ai propri familiari, il Kattolico rileva che «per la mentalità medievale chi faceva carriera e non beneficava la famiglia era semplicemente riprovevole, un ingrato. Oggi la pensiamo in modo diametralmente opposto. Tre secoli di rivoluzioni egalitarie hanno inculcato il sentimento se non l’idea che ogni generazione dovrebbe ripartire da zero, senza poter contare su quel che i genitori hanno costruito o accumulato. Così, se uno fa i soldi o va in qualche modo al potere e ne approfitta per sistemare i parenti tutti mugugnano. Senza riflettere sul fatto che, potendo, farebbero lo stesso».
Cammilleri argomenta al di là del ‘politicamente corretto’ anche sulle crociate, evidenziando «come in termini economici furono una rimessa continua. Ma lo sai che per equipaggiare un cavaliere la spesa era equivalente a quella di un grosso Suv odierno? Diversi nobili si rovinarono. Il re di Francia Luigi IX il Santo quasi prosciugò le casse del regno. No, il ragionamento economico è fuori questione. Solo la fede. Quelli a Nostro Signore Gesù Cristo credevano davvero e salvarsi l’anima era per loro più importante dei soldi. E della vita, dal momento che molti nel deserto ci restarono».
Riguardo al periodo rinascimentale, lo zio evidenzia al nipote che il Rinascimento fu davvero maschilista, perché recuperò i valori dell’antichità precristiana che era tale. E in effetti, è un retaggio del Cinquecento, e non medievale, il fatto che la moglie porti il cognome del marito.
Cammilleri dà risposte al giovane anche riguardo alla diffamazione di papa Pio XII, accusato di non aver denunciato a sufficienza i crimini nazisti; alla leggenda nera dell’Inquisizione, la quale in realtà di fatto «non metteva al rogo nessuno. Il rogo l’aveva inventato Diocleziano per il reato di lesa maestà (d’altra parte, il braccio secolare dipendeva dall’autorità civile). Anzi tale tribunale «ha inventato il processo moderno, con tanto di notaio verbalizzante, giuria, escussione di esperti». Sulla caccia alle streghe afferma ancora che i roghi ci son stati in specie nel Rinascimento, che rivaluta paganesimo, alchimia e magia, e principalmente «nel Nord protestante, in Germania e Svizzera, dove l’ultima strega fu bruciata addirittura nella seconda metà del Settecento. L’Inquisizione, anzi, salvò i sospettati nei suoi territori».
Relativamente alla conversione di San Martino e al celebre episodio che lo vede protagonista, quando divide il mantello con la spada per darne metà al povero, il Kattolico sottolinea che «il mantello degli ufficiali era foderato di pelliccia, e questa lui staccò per darla al mendicante. La notte, nella sua tenda, gli apparve Cristo rivestito di quella pelliccia. Cristo aveva proposto a Martino di mettersi al suo servizio. Martino, impressionato, accettò. E andò dai superiori a dire che intendeva lasciare l’esercito. Ma si era alla vigilia di una battaglia con gli Alamanni e la richiesta di Martino puzzava di vigliaccheria. Per mostrare che si sbagliavano, il giorno dello scontro Martino si mise in prima fila, ma disarmato. E, miracolo, gli Alamanni anziché attaccare mandarono ambasciatori a chiedere la pace».
Lo zio colto fornisce al nipote sempre risposte illuminanti e puntualmente contrarie alla cultura dominante su Galilei che «si spense con il nome di Gesù sulle labbra» e fu ‘esiliato’ in una villa che chiamavano “Il Gioiello”; su Bruno e Campanella; sull’evangelizzazione delle Americhe; sui convertiti al cattolicesimo nel mondo delle scienze, delle arti e di Hollywood.
La stessa ‘chiusura delle donne in convento’ era d’obbligo per le figlie delle famiglie nobili secondo la mentalità culturale medievale quando non riuscivano a maritarle con un uomo dello stesso rango perché sarebbe stato un disonore per la famiglia. Allora si auspicava che almeno potessero far carriera nei monasteri e diventare badesse. Eppure Teresa d’Avila «trattava quasi da pari a pari con Dio»; Caterina da Siena invece «bacchettava i papi». La discriminazione delle donne è insomma tutt’altro che ecclesiale se si pensa che «alla Festa dell’Essere Supremo, divinità inventata dai giacobini, le donne furono ammesse in un settore separato, ed era la prima volta che ciò succedeva in Europa. Napoleone cementò la cosa col suo Codice civile, che diede tutto il potere sulla famiglia al marito».
Riguardo agli eventi prodigiosi meno noti il Kattolico ricorda quando, durante la discesa napoleonica del 1796, la Madonna rivolse gli occhi agli astanti che la supplicavano nel duomo di Ancona. Napoleone ordinò di distruggere il quadro ma, dopo averlo preso tra le mani, ritirò immediatamente l’ordine, secondo quanto raccontano le cronache dell’epoca. Di lì «cento-centoventi immagini, soprattutto mariane, mossero gli occhi in quell’anno, e continuarono fino ai primi mesi del successivo. Centinaia di migliaia di testimoni, anche giacobini, protestanti, greci ortodossi, turchi». È noto poi che lo stesso Napoleone volle morire con il conforto dei sacramenti.
Relativamente alla fede islamica, lo zio fa notare altri elementi che certamente il nipote non ha trovato sui libri di scuola, tra cui l’obiettivo fondamentale di «sottomettere il mondo all’islam. Data la praticamente totale assenza di libertà, ogni spirito di intrapresa diverso dal commercio veniva di fatto soffocato nella culla, niente filosofia, niente arte, niente scienza. Da qui pirateria ai danni dei cristiani, e schiavitù come forza-lavoro. Sui territori conquistati, i sottomessi dovevano pagare la jizia, la ‘tassa di protezione’ ai padroni musulmani».
Insomma, attraverso il racconto di numerosi aneddoti storici intenzionalmente sottaciuti dal pensiero mainstream, Cammilleri offre una miriade di pillole d’apologetica e di ragioni della fede che mentre arricchiscono il lettore, lo rendono fiero di condividere la tradizione della cultura cattolica.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana