«Proprio nel momento in cui chiaramente si manifestava la nostra indegnità, Gesù ci ha raggiunto con un gesto di Amore infinito» – scrive il cardinale Angelo Comastri, che è stato Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano e Arciprete della Basilica Papale di San Pietro –, nel suo recente volume Nella notte in cui fui tradito (San Paolo 2021, pp. 112), in cui raccoglie preziose meditazioni spirituali sui misteri d’amore del Giovedì Santo, l’Eucarestia e il sacerdozio.
«Cari sacerdoti, non abituatevi a questo miracolo, ma stupitevi ogni volta che celebrate una Santa Messa!», suggerisce una volta il grande scienziato Enrico Medi a un gruppo di sacerdoti. Allo stesso modo San Francesco afferma con fervore mistico e poetico: «Dell’Altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il Santissimo Corpo e il Santissimo Sangue che essi soli consacrano ed essi soli possono donarci».
Gli fa eco il santo curato d’Ars: «Tolto il sacerdote, noi non avremmo più la presenza di Gesù nel tabernacolo. Chi lo ha riposto nel tabernacolo? Il sacerdote! Chi ha accolto la vostra anima al primo entrare nella vita con il Battesimo? Il sacerdote. Chi la nutre con l’Eucaristia per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio verso il Cielo? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l’ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest’anima viene a morire per il peccato, chi la risusciterà, chi le darà il perdono di Dio? Ancora il sacerdote. Dopo Dio, il sacerdote è tutto! Lui stesso si capirà bene soltanto in Cielo».
Nel volume il cardinal Comastri denuncia altresì «la situazione tragica dell’uomo contemporaneo che avverte il bisogno di un punto di appoggio, ma allo stesso tempo è convinto che non ci sia! C’è da impazzire!». Citando il filosofo Hans Jonas evidenzia come «oggi il massimo potere si unisca al massimo vuoto e il massimo di capacità va insieme al minimo sapere intorno agli scopi ultimi della vita». In questo contesto, però, «la fede ci svela il senso della vita e accende una lampada alla nostra libertà».
Sul cammino della fede s’incontra Maria, che il cardinale invoca con queste parole: «O Maria esperta di libertà, pronuncia il Tuo ‘sì’ nella selva dei nostri ‘no’ e rieduca il nostro cuore alla gioia di seguire il Signore, per essere liberi attraverso il dono e la fedeltà al dono di noi stessi». Sul modello della Vergine Madre – di contro a «una errata impostazione della pastorale che punta unicamente al fare» e al rischio di un «apostolato ridotto a spettacolo» per strappare qualche applauso da parte dei fedeli e dei media – bisogna riproporre «una testimonianza che suppone la santità e la vita interiore» in quanto «l’apostolato è l’interiorità che affiora», per dirla con un Piccolo Fratello di Charles De Foucauld.
Il primato della vita spirituale sulle ‘buone azioni’ è testimoniato infatti da Gesù stesso che, «per la preghiera, sacrificava anche la carità per insegnarci che, senza Dio, siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri», come sottolinea madre Teresa di Calcutta, la quale precisa anche che l’adorazione del Santissimo Sacramento è il motore della carità operosa: «Noi Missionarie della Carità non apriamo nuove case, bensì apriamo nuovi Tabernacoli. Tutto parte da Lì: da Lì parte la nostra carità».
Nell’Eucarestia il discepolo viene raggiunto in maniera incomparabile dall’onnipotenza dell’amore del Maestro. Ciò è testimoniato in modo mirabile nel mistero inaugurato durante la Cena del Signore, ove «il comportamento di Gesù è lontano da ogni logica umana. Egli sapeva che Giuda aveva deciso di tradirlo, sapeva che Pietro l’avrebbe rinnegato, sapeva che gli altri sarebbero tutti scappati e l’avrebbero lasciato solo e, pertanto, poteva sentirsi provocato e giustificato a gesti di legittimo sdegno: poteva gridare, poteva rovesciare la tavola dell’amicizia tradita, poteva chiudere i conti con quegli uomini ingrati (che, in verità, siamo tutti noi!) e invece… ecco il comportamento di Dio: si mette a lavare i piedi!». In un gesto riservato agli schiavi si rivela tutta l’umile grandezza dell’amore del Padre che, sebbene «circondato da uomini che non incoraggiavano nessun gesto di amore», sceglie di consegnarsi a ciascuno senza riserve attraverso l’Eucarestia. È questo il «dono, attraverso il quale l’Amore maternamente e paternamente dirompente di Dio dà la vita ai suoi figli nutrendoli d’amore: è l’amore, infatti, il cibo eucaristico».
A questo punto la meditazione del cardinale si fa preghiera: «Vogliamo lealmente seguirti nell’amore fino al segno estremo, fino alla lavanda dei piedi espressa ogni giorno in piccoli gesti di carità fraterna che tutti possiamo fare. Aiutaci, o Signore! Aiutaci a cominciare fin da oggi una vita diversa, una vita che profumi di umiltà, una vita che non rinneghi il tuo gesto di Divina Umiltà, che ripetiamo ogni Giovedì Santo». Egli invita a elevare al Padre anche una preghiera di ringraziamento per il dono grande dei sacerdoti: «Grazie per il sacerdote che ci ha battezzato, per il sacerdote che ci ha dato il primo perdono, per i sacerdoti che ci perdonano ogni giorno e ogni giorno ci regalano la Santa Eucaristia; grazie per il sacerdote che ci darà l’ultimo perdono nell’ultimo giorno della nostra vita! Signore, abbi pietà di noi e manda oggi santi sacerdoti alla tua Chiesa!».
D’altra parte, «se la gente capisse il valore di una Santa Messa, ci sarebbe la fila fuori dalla Chiesa per poter entrare», per dirla con San Pio. E in effetti «è più facile che il mondo possa vivere senza il sole piuttosto che senza l’Eucaristia», esclama ancora il frate di Pietrelcina. Un amore al Santissimo Sacramento che sostiene la vita anche in condizioni durissime, come quelle vissute in una cella buia e fredda dal cardinale vietnamita Van Thuán che, con appena tre gocce di vino e un’ostia, celebra quotidianamente in solitudine la Santa Messa, la quale diviene sorgente misteriosa di grazia e conversione per diversi carcerieri.
Nella sera della sua ultima Cena il Signore ci conceda dunque di poter corrispondere al suo mistero d’amore attraverso una ‘vita eucaristica’ spesa per il prossimo con la stessa lucida consapevolezza di Madre Teresa: «Non potrei vivere senza l’Eucaristia: è l’Eucaristia che mi riempie di amore e mi dà la forza per servire i poveri e per chinarmi con amore sulle loro piaghe».
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana