Le ‘riflessioni inattuali’ sulla Quaresima di don Fabio Bartoli presentate da Costanza Miriano
“La Quaresima non è un sacrificio che ci viene chiesto, ma un’opportunità che ci viene data”. Con queste parole la giornalista e scrittrice Costanza Miriano ha introdotto il libro Per fortuna c’è la Quaresima! Riflessioni inattuali, pubblicato recentemente da Ancora (€ 10, pp. 112), l’ultima fatica di don Fabio Bartoli, parroco nella chiesa di S. Benedetto al Gazometro.
“Viva Dio, cioè viva io. Noi invece abbiamo l’idea che per essere cristiani dobbiamo reprimerci. Abbiamo l’idea che la vita morale sia fatta di tagli. Ma non è così. Dio ama il corpo, lo ama talmente che ne ha voluto uno per sé”, ha aggiunto don Fabio nel corso dell’incontro di presentazione del suo volume. In esso l’autore sviluppa una riflessione che, meditando sugli atteggiamenti e i gesti che la Chiesa raccomanda nel tempo quaresimale, va al cuore dei contenuti della fede nella forma agevole di una sorta di epistolario. “Sembra quasi la trascrizione di una delle nostre chiacchierate su ‘la vita, l’universo e tutto quanto’, come scherzosamente chiami i nostri colloqui” – scrive don Fabio nell’introduzione – e in effetti questo libro nasce proprio dall’esigenza di rispondere in maniera puntuale agli aneliti del cuore di uno dei giovani della parrocchia alla ricerca di un significato pieno per la propria esistenza.
“Ogni nostro desiderio è una traccia del desiderio di Dio – ha proseguito don Fabio citando C. S. Lewis – e l’ascesi consiste nello scegliere il desiderio migliore, quello cioè che mi porta più velocemente a Dio, laddove il diavolo punta a rompere tale relazione tra il nostro desiderio e Dio, inducendo la creatura a ridurre il Creatore alla creazione, alla stregua di Eva nel paradiso terrestre”.
“Allora qual è il peccato più grande dell’uomo, quale il suo limite?”, gli ha domandato la Miriano. “Il male maggiore è la dimenticanza, l’oblio del Padre”, ha subito replicato don Fabio. “Libertini e moralisti hanno in comune il rifiuto del Padre: i primi perché vogliono fare quello gli pare e non vogliono saperne del Creatore; i secondi perché si comportano secondo la Legge quasi a voler meritare la salvezza, per ottenere quello che gli spetta. I moralisti non hanno capito che invece Dio vuole donare a noi molto di più di quello che ci spetta. Pertanto questi ultimi sono peggiori dei primi, poiché se i libertini fanno del male solo a sé stessi con la loro condotta difforme al Vangelo; i secondi arrecano danno non solo a sé ma anche al prossimo, offrendo una contro-testimonianza nel non aver compreso che il cristianesimo è l’elogio dell’imperfezione e la salvezza il dono gratuito di Dio che si accoglie e non si ottiene per le sole proprie forze”. In merito al legame tra natura umana e grazia divina, egli ha evidenziato di conseguenza che “il problema non è il peccato, quanto piuttosto il rimanere nel peccato”.
Sollecitato infine da Costanza Miriano sui tre pilastri della Quaresima, don Bartoli ha sottolineato in merito alla preghiera, che occorre “viverla come dono del tempo a Dio”. Quindi il suo consiglio è di silenziare lo smartphone e dedicare possibilmente “tanti brevi momenti di preghiera”, poiché è poco proficuo se non addirittura “inutile stancare la mente nella preghiera”, come sosteneva S. Agostino. Tuttavia “questo tempo, che è solo di Dio, non va affidato alla spontaneità”. Bisogna cioè decidere molto semplicemente a che ora e quanti minuti pregare per farlo al meglio. Riguardo all’elemosina egli ha detto chiaramente che “se non si capisce a che serve non si fa. Dunque, si fa l’elemosina per aiutare se stessi, non gli altri. Perché colpendo l’egoismo mortifico me stesso e assomiglio di più a Dio. In tal senso evidentemente più dono, più guadagno”. Sul significato del digiuno ha aggiunto ancora che esso serve per “riscoprire il cibo come dono. Trattieni la tua fame, perché così quando mangerai, il cibo sarà luogo d’amore e di comunione”. Digiuno, preghiera ed elemosina sono pertanto delle dimensioni fondamentali da riscoprire nel cammino quaresimale per canalizzare in maniera adeguata rispettivamente “la nostra passione del cibo, l’uso del tempo e del denaro”, nella consapevolezza che “a Dio non interessa che siamo perfetti, ma che lo cerchiamo con desiderio vivo e siamo innamorati di Lui”.