«Maria riunisce e riverbera in sé i massimi dati della fede». Questa felice espressione della Lumen Gentium esprime icasticamente il senso profondo del pregevole lavoro di sistematizzazione compiuto dal compianto padre domenicano Roberto Coggi, il quale espone nel suo Trattato di mariologia (ESD, Bologna 2024, pp. 276) in modo organico, semplice e chiaro, le principali verità di fede che riguardano Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa.
Nel volume vi è spazio per un’ampia rassegna dei luoghi della presenza di Maria nella Scrittura e nei testi dei Padri della Chiesa fino ai documenti dei Concili; per approfondire sul piano dottrinale il legame tra la Madre e il Figlio e la sua maternità spirituale in ordine al popolo dei credenti; per enucleare le ragioni teologiche fondamentali alla base del culto mariano e riprendere la storia delle sue apparizioni più celebri nei secoli.
D’altra parte, come rileva opportunamente il padre domenicano, la mariologia pone al riparo dal rischio di «un oscuramento della coscienza di fede nei riguardi della divinità di Gesù; dal pericolo di cadere in un eccessivo astrattismo per quanto riguarda la vita di fede» e costituisce un argine alla crisi della donna rispetto alla sua vocazione sia in ordine alla verginità che alla maternità.
Preannunciata quale ‘donna’ che schiaccerà la testa al serpente (Gen 3, 15); profetizzata da Isaia (7,14) e da Michea (5,1-4), a Colei che rimane sempre vergine prima, durante e dopo il parto, alludono tra le altre le immagini del roveto ardente e dell’Arca dell’Alleanza, laddove «se l’arca era sede misteriosa di Dio, il grembo di Maria fu sede fisica del Dio incarnato». Nel Nuovo Testamento San Paolo la nomina in relazione al Figlio nato da ‘donna’ (Gal 4, 4-5). Tra gli evangelisti è San Luca a raccontare di lei più diffusamente (nel suo Vangelo il nome di Maria compare dodici volte), a partire dall’Annunciazione e dalla Visitazione, ove Maria viene accolta esplicitamente come la Madre del Signore e come beata in quanto donna di fede che ha creduto nell’adempimento della Parola (Lc 1, 43-45). Alla nascita del Figlio Maria si manifesta quale maestra nella contemplazione; nella presentazione al Tempio è «Vergine offerente» (Paolo VI) e prefigura la Chiesa che offre Cristo al Padre. Ella è infatti «presenza orante nella Chiesa nascente e nella Chiesa di ogni tempo», come sottolinea papa Montini. Nel Vangelo di Giovanni il nome di Maria non è pronunciato, ma la Madre è la «donna» presente a Cana e sotto la croce.
Il ‘padre della mariologia’ è sant’Ireneo, il quale approfondisce l’antitesi tra Eva e Maria già enucleata da San Giustino. Il vescovo di Lione rileva che come Eva fu causa di morte per sé e il genere umano, così Maria divenne, in virtù della sua obbedienza, motivo di salvezza: «Ciò che la vergine Eva aveva legato con la sua incredulità, Maria lo sciolse con la sua fede». Per questo motivo «come Maria fu presente al primo miracolo – osserva sant’Efrem il Siro – così ebbe le primizie della risurrezione dagli inferi». Sant’Ambrogio la considera modello di ogni virtù e ne tesse le lodi della verginità e del suo stare sotto la croce offrendosi ai persecutori: «Sapendo che la morte del Figlio avveniva per il bene di tutti, si affrettava anche lei, se avesse semmai potuto apportare qualcosa al bene comune con la sua propria morte». San Bernardo di Chiaravalle è senza dubbio il grande cantore della regalità di Maria, madre e sposa del Re dei Re, e di Maria come mediatrice di grazia. E ancora, non trascorreva giorno che frate Domenico non recitasse almeno mille Ave Maria – per quanto al tempo tale preghiera consisteva soltanto nella prima parte, ossia la ‘salutazione angelica’ –, per accompagnarsi nella meditazione dei misteri della vita di Cristo.
San Tommaso d’Aquino sottolinea che Dio volle che il suo Figlio s’incarnasse nel grembo di Maria perché tutta la natura umana, dunque anche la donna, fosse nobilitata; il beato Giovanni Duns Scoto individua gli argomenti teologici più efficaci a supporto dell’Immacolata Concezione, una verità di fede intuita dal popolo di Dio sin dai suoi albori in maniera piuttosto similare alla formulazione dogmatica. Nel XIX secolo esplode poi tale devozione nella Vergine concepita senza peccato originale, anche a seguito delle apparizioni a Santa Caterina Labouré e Santa Bernadette.
Meditando sulla maternità divina di Maria, la sua verginità perpetua, la sua santità eccezionale e la sua peculiare cooperazione alla salvezza i Padri e i Dottori della Chiesa – in specie San Luigi Maria Grignion de Montfort e sant’Alfonso Maria de’ Liguori – hanno contribuito notevolmente ad approfondire, mediante una sinfonia di voci, il sensus fidei e la riflessione teologica sulla Madre di Dio gradualmente definita nelle relative verità dogmatiche. Nella Lumen Gentium (cap. VIII) e in molteplici encicliche dei pontefici viene messa a fuoco in modo speciale la funzione di Maria nell’economia salvifica.
Nella sezione dedicata all’approfondimento teologico delle verità di fede legate alla Madonna padre Coggi specifica in modo puntuale in quale senso la Madre possa essere ritenuta collaboratrice dell’opera salvifica, senza per questo minare il principio secondo cui la sorgente di ogni salvezza risieda nel Figlio: «Gesù Cristo, dopo aver redento Maria sua Madre preservandola dal peccato originale, suscita, unisce al proprio sacrificio e offre al Padre, per la redenzione del resto dell’umanità, la partecipazione della Vergine Immacolata, che quindi può essere detta ‘corredentrice’».
Se non si può essere cristiani senza essere mariani, per dirla con San Paolo VI, merita infine di esser ricordato e fatto proprio il Totus Tuus di San Giovanni Paolo II e il suo accorato invito a riprendere con fiducia tra le mani la corona del Rosario, in specie durante il mese a lei dedicato, per invocare l’intercessione onnipotente per grazia della Madre che desidera che crescano nei suoi figli gli stessi sentimenti del Figlio.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana