“È il giorno di cui il profeta Zaccaria dice che non è simile agli altri giorni e la notte che non è come le altre notti – osserva San Gregorio di Nissa in relazione alle prime luci della domenica di Resurrezione – Questa è la notte che ha fatto cessare i dolori della morte e ha fatto nascere il primogenito dei morti. In questa furono stritolate le ferree porte di morte e spezzate le catene di bronzo degli inferi. Adesso si spalanca il carcere della morte. Adesso si proclama ai detenuti la liberazione. Adesso i ciechi recuperano la vista. Adesso per quelli che sedevano nelle tenebre e nell’ombra della morte, sorge la luce dall’alto”. Allora “se hai paura della morte – suggerisce Sant’Agostino – ama la risurrezione”; se “la morte di Cristo è la morte della mia morte” – come scrive San Bernardo di Chiaravalle – non c’è dunque più nulla da temere e tutta una vita da vivere in pienezza.
Come rivela la sua etimologia, Pasqua vuol dire ‘passaggio’, poiché “nella Passione e Risurrezione del Signore vien messo in risalto il passaggio dalla presente vita mortale a quella immortale, ossia il passaggio dalla morte alla vita. Presentemente noi compiamo questo passaggio per mezzo della fede che ci ottiene il perdono dei peccati e la speranza della vita eterna – prosegue il vescovo di Ippona – se amiamo Dio e il prossimo”.
Nel Cristo risorto l’uomo è ri-creato, nasce nuovamente alla vita secondo la grazia, poiché Gesù è la primizia di una “nuova creazione, in cui il sole è la vita pura, le stelle sono le virtù, l’aria è la vita trasparente, il mare è l’abisso della ricchezza della sapienza e della scienza, le erbe e i germogli sono il buon insegnamento e le divine verità, di cui si nutre il popolo del pascolo, cioè il gregge di Dio, gli alberi fruttiferi sono l’esecuzione dei precetti – come rileva ancora San Gregorio di Nissa – In questa creazione è formato il vero uomo, ad immagine e somiglianza di Dio”.
Perciò “questa è la nostra festa annuale, questa è la nostra Pasqua, non più figurata nell’uccisione dell’agnello, come per il popolo antico, ma portata a compimento per il popolo nuovo nell’immolazione del Salvatore”, come sottolinea Sant’Agostino. “Oggi è la salvezza per il mondo, sia visibile che invisibile – gli fa eco San Gregorio di Nazianzo – Cristo è risorto dai morti: risorgete insieme; Cristo è rientrato in sé: ritornate; Cristo si è liberato dal sepolcro: liberatevi dalle catene del peccato. La morte è sconfitta, il vecchio Adamo è deposto, il nuovo diventa più perfetto. Se in Cristo siete nuova creatura, rinnovatevi”.
Adamo di San Vittore eleva un cantico di lode al Padre per la vittoria pasquale del suo Figlio, in cui proclama con gioia: “Ecco il giorno solenne! La luce succede alle tenebre, la risurrezione alla morte; la tristezza lasci posto alla gioia, poiché più grande è la gloria della vergogna antica; la verità metta in fuga l’ombra, la novità la vecchiezza, la consolazione il pianto. Celebrate la pasqua nuova; quel che splende nel capo, lo sperino le singole membra. Cancellando la colpa, non la natura, crea nuova la creatura, contenendo in sé il legame dell’uno e dell’altro popolo. Gloria al capo e concordia alle membra. Amen”.
L’opera della salvezza portata a compimento da Cristo è davvero il dono per eccellenza per tutti gli uomini, che risuona come una chiamata universale per ciascuno a lasciarsi raggiungere da tale sovrabbondanza d’amore effusa nel sacrificio di soave odore di Gesù per rispondervi generosamente con la propria vita nell’umile servizio a Dio e ai fratelli. Niente e nessuno al mondo, né tribolazione né morte, può separarci dal suo Amore, poiché dal fianco squarciato del Redentore sono scaturiti fiumi d’acqua viva, di vita nuova, di grazia su grazia e di benedizione del Padre per ogni uomo.
Fonte: LaNuovaBussolaQuotidiana