Lo studio del Charlotte Lozier Institute conferma il legame tra aborto e rischio di malattie cardiovascolari
L’aborto è un fattore di rischio significativo per l’aumento delle malattie cardiovascolari (CVD), la principale causa di morte tra le donne. Ad affermarlo è un recente studio del Charlotte Lozier Institute.
I risultati di tale studio corroborano quanto già noto in letteratura medica, in quanto vi sono diversi lavori scientifici che hanno stabilito un legame tra aborto e ridotta salute cardiovascolare.Uno studio statunitense riporta un rischio cinque volte maggiore di morte per malattie cerebrovascolari entro sei anni da un aborto; un altro ha rilevato un rischio elevato del 18% di malattie cardiovascolari a seguito di un aborto spontaneo o procurato che persisteva per oltre dodici anni.
Esaminando le cartelle cliniche di 1.002.556 donne rientranti nel Medicaid (un programma congiunto federale e statale che aiuta a far fronte a costi medici per alcune persone con reddito e risorse finanziarie limitati) tra il 1999 e il 2014, lo studio in oggetto ha indagato il legame tra aborti, malattie cardiovascolari, diabete e iperlipidemia in relazione al primo parto con figlio nato vivo.
La popolazione dello studio è stata classificata secondo cinque gruppi: nel gruppo A sono state comprese le donne che non hanno avuto alcun aborto spontaneo o diagnosi di malattie cardiovascolari prima della nascita del primo figlio; nel gruppo B le donne che hanno avuto un aborto spontaneo ma senza diagnosi di CVD prima del parto andato a buon fine; nel gruppo C le donne con diagnosi di CVD e una gravidanza terminata con un aborto prima della nascita del figlio successivo; nel gruppo D le donne con diagnosi di CVD e senza alcun aborto spontaneo prima del primo figlio e infine nel gruppo E le donne con diagnosi di CVD che hanno avuto un aborto spontaneo prima del secondogenito. Dopo aver controllato età, razza, stato di residenza e storia di diabete e iperlipidemia, il rischio di malattie cardiovascolari nei sei mesi successivi al parto andato a buon fine era più comune del 15%, 214%, 79% e 129% rispettivamente nelle madri dei gruppi B, C, D ed E rispetto alle pazienti del gruppo A.
«Mentre gli aborti spontanei sono tragici e inevitabili, gli aborti procurati sono del tutto evitabili e contribuiscono chiaramente alla prima causa di morte negli Usa», ha affermato David Reardon, direttore del Lozier Institute, commentando i risultati drammatici dello studio.
Questo lavoro ha dunque il pregio di evidenziare un fattore di rischio significativo per la salute della donna se si considera, come si è detto, che le malattie cardiovascolari costituiscono la principale causa di mortalità del gentil sesso.
Pertanto si auspica che nel nostro Paese le stesse relazioni ministeriali annuali sull’applicazione della legge 194, piuttosto lacunose e parziali, possano divenire attraverso un monitoraggio accurato più puntuali rispetto alle ricadute postabortive sulla salute psicofisica della donna.Si tratta insomma di cominciare a smettere di mentire alla donna in gravidanza, affermando con palesi menzogne addirittura che l’aborto possa essere ‘terapeutico’ per la sua salute fisica e mentale. Al contrario, oltre a determinare la soppressione di un figlio indifeso, l’aborto si rivela di fatto nelle sue conseguenze psicofisiche anche come un boomerang per quella stessa salute della donna che gli abortisti presumono ingannevolmente di avere a cuore.