I consigli di Nerosfina per rovinarsi la vita
“Abbiamo sempre pensato che, in fondo, proprio questo è il desiderio di ogni uomo: vivere per sempre felice e contento. Lo diceva Seneca, lo diceva Sant’Agostino, lo diceva la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti. Ebbene, si sono sbagliati”. Perché? Perché “tutti gli uomini per natura desiderano essere infelici”. È questa la tesi paradossale che l’autore assume e sviluppa in questo divertente e agevole libro di sole 70 pagine (Infelici e contenti. Sull’arte di rovinarsi la vita, Castelvecchi 2016, € 9), che presenta una copertina ironica ed efficacemente allusiva al suo contenuto: un uomo rappresentato nell’atto di tagliare con una sega lo stesso ramo dell’albero su cui siede.
L’autore misterioso non rivela la sua identità, sceglie lo pseudonimo Nerosfina e dice di sé: “Sono un uomo di mezz’età, un tipo piuttosto serio, vivo da solo, per lavoro parlo con molta gente, non esco quasi mai la sera, partecipo a molti funerali e pochi matrimoni, vesto sempre di nero. Si sa, il nero sfina”. Egli è dunque chiaramente un sacerdote, che redige una sorta di manuale in cui delinea i tratti fondamentali del ‘perfetto infelice’.
Il primo ingrediente per l’infelicità consiste nell’accogliere senza discernere tutti i pensieri ricorrenti, senza ‘buttare via niente’, ossia senza domandarsi se essi siano reali o immaginari, positivi o negativi, piacevoli o spiacevoli; anzi meglio ancora se si tratta di pensieri deliranti, ossessivi, autodenigratori o vittimisti. Per una buona dose d’infelicità bisogna fare spazio ai complessi e alla depressione, ossia a una “perpetua processione funebre per se stessi in cui noi siamo simultaneamente il marito morto e la vedova inconsolabile”. Allo stesso modo è opportuno accogliere tutti desideri, anche se sono contradditori tra di loro, perché “se volete essere infelici dovete indovinare ciò che piace agli altri e farvelo piacere”. Pertanto non occorre definire alcuna scala gerarchica dei propri valori e obiettivi: il presupposto dell’infelicità è infatti il disordine oppure l’ordine maniacale, e soprattutto la non scelta. Bisogna fare insomma come l’asino di Buridano, il quale morì di fame intanto che decideva dove fosse preferibile cibarsi rispetto ai due campi che aveva innanzi a sé. L’infelicità si alimenta con la trasgressione e l’inosservanza dei ‘buoni consigli’: “‘In famiglia ognuno ha il suo ruolo’. E voi fate il contrario: mettete la mamma al posto della moglie, il figlio al posto del marito, il cane al posto del figlio. Scegliete vostra madre come migliore amica, fatevi le canne con vostro padre e fate decidere a vostra sorella invece che a vostra moglie il colore dei muri di casa”. Al di là dell’ironia si comprende palesemente come l’infelicità di tante famiglie oggi dipenda proprio da tale confusione di ruoli e compiti. Per rovinare una relazione basta poco, per cui l’autore si limita a ricordare una massima molto semplice: “L’infelicità di una persona è direttamente proporzionale al fallimento delle sue relazioni”. Se “l’amore di un altro non si deduce dai suoi atti, ma si crede nei suoi atti”, allora “possiamo sempre rifiutare l’ipotesi che gli altri ci amino”, perché l’amore non si può dimostrare come una formula matematica. Un altro ingrediente necessario per procedere speditamente sulla via dell’infelicità è dato dalla superficialità, che sfugge alle domande fondamentali sul senso della propria esistenza. Infine Nerosfina individua in Ned Flanders dei Simpson il prototipo dell’‘infelice religioso’, ossia colui che interpreta la religione esclusivamente in senso volontaristico “come mezzo per il proprio miglioramento morale”.
Nella logica del paradosso sul quale il libro è giocato, alla stregua delle Lettere di Berlicche di Lewis, risulta dunque evidente che, accogliendo gli ottimi suggerimenti ironici e provocatori dell’autore e comportandovi altrimenti scoprirete invece il segreto della vera felicità, che non è frutto di una conquista personale, bensì piuttosto un dono che si riceve soprattutto nel momento in cui ci si preoccupa di rendere felici gli altri.