Il Canada riveda ed elimini i “trattamenti sanitari” attualmente vigenti per il suicidio assistito di tipo 2 nei confronti delle persone con disabilità. È quanto ha recentemente raccomandato in un documento il Comitato delle Nazioni Unite per la tutela dei diritti delle persone con disabilità sulla base di quanto stabilito nella relativa Convezione sui diritti delle Persone con disabilità (CRPD). Si invita dunque lo Stato americano a rivedere e abrogare tali protocolli di assistenza medica al suicidio (MAiD); ad aumentare i sussidi di invalidità e ad affrontare le disparità regionali di trattamento. Un colpo di scena da parte dell’Onu, che di certo non ci ha – ahinoi – abituato a posizioni e interventi pro life e che dunque dimostra quanto davvero e drammaticamente sia andato alla deriva il Canada, arrivando a proporre suicidio assitito ed eutanasia per i disabili.
Cosa è l’eutanasia di “Tipo 2”
Il Comitato Onu ha infatti affermato che l’eutanasia per le persone con disabilità, la cui morte non è ragionevolmente prevedibile, «si basano su percezioni negative e abiliste della qualità e del valore della vita delle persone con disabilità, tra cui l’idea che la ‘sofferenza’ sia intrinseca alla disabilità, piuttosto che sul fatto che disuguaglianza e discriminazione causino e aggravino la ‘sofferenza’ delle persone con disabilità». Come tra l’altro ha confermato Krista Carr, CEO di Inclusion Canada, l’Onu ha chiarito che il Canada «deve fare di più nel sostenere i diritti e la dignità delle persone con disabilità. Di qui il programma MAiD ‘Track 2’ costituisce una minaccia reale e pericolosa per la vita delle persone con disabilità intellettiva e deve essere abrogato».
Le raccomandazioni dell’Onu
Tra le raccomandazioni principali il Comitato Onu ha esortato il Canada ad abrogare i trattamenti di suicidio assistito ed eutanasia per le persone con disabilità, compresa l’estensione pianificata per il 2027 alle persone la cui «unica condizione medica di base sia una malattia mentale» e a respingere le proposte per consentirne l’accesso anche ai «minori maturi» tramite richieste anticipate. Si tratta pertanto di «attuare una strategia di deistituzionalizzazione coordinata tra i governi federali, provinciali e territoriali con tempi e obiettivi chiari; di ritirare la dichiarazione interpretativa dell’articolo 12 della Carta canadese dei diritti e delle libertà, che limita l’uguale riconoscimento dinanzi alla legge per le persone con disabilità e compromette il loro diritto all’esercizio della capacità giuridica». Nel documento sono poi contenute ulteriori indicazioni anche per favorire «un’istruzione di qualità e inclusiva in tutte le province e i territori» e per implementare le opportunità di impiego delle persone con disabilità in ambienti di lavoro inclusivi. In esso si sottolinea l’esigenza di investire in misure efficaci per «la riduzione della povertà, l’accessibilità degli alloggi e la prevenzione dei senzatetto».
E in Italia?
Per quanto l’Italia sia piuttosto lontana da simili scenari terrificanti di suicidio assistito ed eutanasia per le persone con disabilità nei termini in cui viene già effettuato in Canada, non manca sicuramente una forte pressione culturale, soprattutto da parte dei Radicali che intendono aprire più strade possibili all’eutanasia. D’altra parte è anche grazie alla loro propaganda ideologica sulla presunta “libertà” di farla finita da estendersi indistintamente a tutti che il suicidio assistito è già stato approvato in Toscana. Eppure ogni società civile dovrebbe ricordare che proprio la libertà di vivere è la prima autentica libertà che presuppone tutte le altre. Dunque lo Stato deve impegnarsi a garantire a coloro che ne hanno necessità le doverose cure palliative per alleviarne le sofferenze senza mai decretare l’eliminazione del sofferente.